Livio Musco, barone di Gioia Tauro e ricco proprietario terriero, fu assassinato la sera del 23 marzo 2013 con due colpi di pistola. La storia, dalla ricostruzione dell’omicidio al processo per il delitto, è al centro di una puntata di Un giorno in pretura che ripercorre le tappe salienti della vicenda. Livio Musco aveva 74 anni ed era di origini napoletane. Fu ucciso all’interno del palazzo di famiglia e nel 2022 la Corte d’Assise di Palmi, in primo grado, ha assolto dall’accusa di concorso in omicidio Berdj Domenico Musco, nipote della vittima.
Uno scorcio del ritratto di Livio Musco è riportato dall’Ansa, in un articolo pubblicato a margine della sentenza di assoluzione emessa ad aprile: l’uomo era figlio di Ettore Musco, il generale che fu direttore del Sifar (Servizio segreto militare) dal 1952 al 1955 e fondatore della rete clandestina “Stay Behind”, nota come Gladio. Prima dell’udienza preliminare, l’uomo sospettato di essere stato esecutore materiale del delitto, Teodoro Mazzaferro, sarebbe morto per cause naturali e Berdj Domenico Musco rimase unico imputato.
L’omicidio di Livio Musco e il processo
Livio Musco fu ucciso nel palazzo di famiglia a Gioia Tauro nel 2013 e, secondo l’accusa, il movente dell’omicidio, riporta Ansa, sarebbe stato da rintracciare nella mancata restituzione di un prestito di 20mila euro che la vittima avrebbe ricevuto da Mazzaferro. Nell’aprile 2022, la sentenza di assoluzione con formula piena per il nipote del barone, Berdj Domenico Musco, rimasto unico imputato dopo la morte del presunto esecutore materiale del delitto avvenuta all’età di circa 80 anni per cause naturali.
A carico di Berdj Musco, la Procura di Palmi aveva ipotizzato una complicità nell’uccisione dello zio. Gli elementi che avrebbero inizialmente costituito l’impalcatura dell’accusa nei confronti del nipote di Livio Musco, però, si sarebbero rivelati poi inconsistenti anche in relazione all’assenza di un movente. In primo grado, riporta Gazzetta del Sud, il processo si è chiuso con l’assoluzione dell’imputato. Un verdetto che ha accolto la tesi del pubblico ministero il quale, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto di assolvere il nipote della vittima.