Putin non si pente della guerra in Ucraina: “Quello che sta succedendo adesso sarebbe successo anche in futuro, ma le condizioni sarebbero state peggiori per noi”. Lo ha detto a margine dell’incontro con Erdogan, ad Astana, aggiungendo che la Russia è aperta a colloqui con Kiev e che “non c’è più bisogno di attacchi massicci in Ucraina”.
Cosa ci sia di concreto in queste dichiarazioni, già sentite molte volte, non è ovviamente chiaro. Il presidente russo ha anche detto che “l’invio di truppe della Nato in Ucraina per un confronto diretto con l’esercito russo sarebbe molto pericoloso e potrebbe causare una catastrofe globale”. Vladimir Putin resta a tutt’oggi una figura enigmatica, misteriosa e spiazzante. “E’ un uomo che vive in una bolla, un mondo immaginario” ci ha detto in questa intervista Luigi Geninazzi, già corrispondente da Varsavia e da Mosca, scrittore e giornalista, “un mondo rivolto al passato e pieno di rancore per come, secondo lui, la Russia è stata trattata dopo il crollo dell’Unione Sovietica”. Ma soprattutto Putin era e rimane un uomo del Kgb.
Sei stato corrispondente da Mosca per molti anni, ancor prima che cadesse il Muro di Berlino e poi dopo, quando ha cominciato ad affermarsi la figura di Putin. Come era “il giovane Putin”?
Ero già corrispondente da Mosca quando era ancora primo ministro, nel 1999. Non era così inavvicinabile come lo è diventato adesso, capitava di incontrarlo in occasione ufficiali e informali. Durante la sua prima campagna elettorale per la carica di presidente della Russia, lo sarebbe diventato nella primavera del 2000, fui invitato insieme ad altri giornalisti stranieri all’inaugurazione di una stazione della metropolitana da lui tenuta.
Che ricordi hai di quell’incontro?
Si parlava e si scherzava, poi improvvisamente, come succede spesso a Mosca, è saltata la luce. Siamo rimasti parecchi minuti al buio, nel silenzio, e poi, una volta tornata la luce, Putin con il suo sorriso un po’ gelido si è rivolto a noi dicendo: “Allora avete avuto paura?”. Qualcuno ha risposto: sì, un po’. E lui: “No, io no, io sono abituato a lavorare al buio”.
Una risposta inquietante…
Fu facile capire che non solo era stato un uomo del Kgb, ma lo era rimasto, orgoglioso di esserlo stato. Questo episodio mi fece capire quello che mi dicevano Anna Politkovskaja e Boris Nemtsov, il capo dell’opposizione a Putin, che secondo le intenzioni di Eltsin doveva diventarne il successore.
In particolare che cosa?
Quando pensiamo a chi lavora nei servizi segreti pensiamo sempre all’uso dell’inganno, della manipolazione, della forza. Ma prima di questo ci sono la diffidenza assoluta e la tecnica del complottismo per giudicare il mondo.
Cioè?
Anna me lo fece capire con un esempio. Mi disse: se dalla finestra guardiamo migliaia di persone che manifestano per strada, la prima domanda che ci viene istintivamente alla mente è: cosa vuole questa gente. Putin no, la prima domanda che si fa è: chi c’è dietro, chi li manovra. Questo spiega il suo atteggiamento verso quelle che furono chiamate le rivoluzioni colorate, soprattutto quella in Ucraina, le manifestazioni a Kiev per entrare nell’Unione europea e ancora prima contro i brogli elettorali. La sua domanda era: chi c’è dietro. E la risposta era ovviamente: c’è dietro la Cia, la Nato. Questa visione del mondo si salda con quanto disse una volta Angela Merkel: Putin si è costruito una bolla, un mondo tutto suo e al quale crede veramente.
Come sarebbe questo mondo?
Un mondo fatto di risentimento e di rancore. Lo ha detto apertamente: la Russia è stata ingannata, umiliata e derubata. Un mondo rivolto al passato. Basta rileggere il discorso che ha pronunciato lo scorso 9 giugno, quando si è paragonato a Pietro il Grande, dicendo che oggi viviamo una situazione come quella vissuta da lui. Allora, disse, ci fu la guerra contro la Svezia, che durò 21 anni, oggi c’è la guerra in Ucraina.
Quindi per lui questa guerra può durare anche vent’anni? Ma un uomo che vive in una bolla e con il potere di cui dispone può arrivare a usare l’arma atomica?
Qualora fosse messo con le spalle al muro, ci sono almeno 5 o 6 livelli prima di arrivare a poter lanciare l’arma atomica, e spero che qualche militare non obbedisca ai suoi ordini. Però va detta una cosa: lui ha rotto il tabù dell’arma nucleare. Durante la Guerra fredda, qualunque cosa succedesse, nessuno ha mai minacciato l’uso dell’atomica, Putin lo ha fatto, ha cominciato a parlare del possibile ricorso a queste armi terribili.
Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, aveva annunciato che Mosca era aperta alla possibilità di un incontro con Biden. Adesso Putin, ad Astana, ha detto che un incontro con il presidente americano non è necessario, ma che al Cremlino sono sempre disponibili a un dialogo con Kiev. A chi bisogna credere?
Come ha detto giustamente il Papa, bisogna parlare con tutti. Il problema è che devi sapere chi è l’interlocutore e di cosa vuole parlare. Dopo aver dichiarato l’annessione dei quattro oblast del Donbass, Putin non sarà mai disposto a discuterne il ritiro. Putin è uno che non fa mai marcia indietro. Inoltre l’annessione è stata ratificata dalla Duma e inserita nella Costituzione. E’ territorio russo e la Costituzione russa impedisce trattative sui territori russi. Putin dice che vuole negoziare, ma su che cosa? Su quello che non ha ancora conquistato? Una vera trattativa la può proporre solo Biden, ma deve andare con la carota e il bastone.
(Paolo Vites)
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