Era la mattina del 23 luglio 1993 quando Raul Gardini, uno degli imprenditori italiani più famosi nel mondo (a cui la Rai dedica una docufiction), si uccise con un colpo di Walther Ppk calibro 7,65. Quel giorno era atteso da Antonio Di Pietro alla procura di Milano per un interrogatorio sulla “madre di tutte le tangenti”, la mazzetta Enimont da oltre 150 miliardi di lire.



Enimont era la sua grande scommessa: voleva unire l’industria chimica italiana in un grande gruppo per competere sul mercato internazionale. Unendo le attività di Montedison, Ferruzzi ed Eni, la compagnia petrolifera di Stato, si arrivò ad un colosso di cui i partiti della Prima Repubblica non volevano perdere il controllo, visto che dalle imprese pubbliche e private arrivavano tangenti, nomine e potere. Raul Gardini, invece, voleva fare da sé. I partiti gli promisero che gli avrebbero concesso sgravi fiscali in cambio del conferimento a Enimont delle attività chimiche di Montedison, ma quella promessa non venne mantenuta. Gardini allora provò a scalare Enimont, mettendo in minoranza Eni. Dovevano fermarlo.



Così il sistema di Tangentopoli sferrò il suo ultimo colpo prima di essere scoperto da Mani Pulite. Eni aprì un contenzioso giudiziario con Raul Gardini. Un giudice, che poi si scoprirà essere corrotto, decise di bloccare le azioni Enimont. Fu così che Gardini capì che i partiti volevano farlo fuori. Gli proposero di comprare tutto o vendere la sua parte, lui non poteva far altro che vendere, ma a patto di versare una parte dei soldi ai partiti, la “madre di tutte le tangenti”. Oltre 150 miliardi di lire che per due terzi dovevano passare dai conti dello Ior. L’apertura dell’inchiesta Mani Pulite scombinò tutti i piani, perché venne a galla il sistema di corruzione della Prima Repubblica e nel mirino finì anche la maxi mazzetta Enimont che Raul Gardini aveva dovuto versare per sciogliere la joint-venture tra Montedison ed Eni.



RAUL GARDINI, IL CROLLO DELL’ENFANT PRODIGE DELLA FINANZA

Ma Raul Gardini non accettò quella sconfitta, l’idea di dover pagare pure le conseguenze penali di una tangente che considerava un’estorsione. Poteva provare a cavarsela spiegando di essere stato concusso, costretto a pagare, ma temeva il carcere e si sentiva assediato e sconfitto, abbandonato e tradito dagli amici. A parte i figli e la moglie Idina Ferruzzi, era praticamente solo. Dopo il suicidio di Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni e suo grande avversario in Enimont, che si soffocò con un sacchetto di plastica, decise di togliersi la vita. Estrasse dal cassetto la sua Walther Ppk 7,65 e si sparò. Come ricordato dal Fatto Quotidiano, dopo quel suicidio si scoprì che i conti della Ferruzzi erano disastrosi. Raul Gardini aveva portato al crac il grande gruppo che gli era stato affidato da Serafino Ferruzzi.

Aveva fatto operazioni speculative sulla soia alla Borsa di Chicago, perdendo circa 400 milioni di dollari, nascondendo ciò nei bilanci delle società del gruppo. Per questo era stato cacciato dalla famiglia Ferruzzi e sostituito da Carlo Sama. Quest’ultimo cercò invano, prima dell’escalation di Mani Pulite, di progettare con Goldman Sachs la riunificazione dei gruppi Ferruzzi, Gardini e Cragnotti, ma ormai era tardi. “Era l’unica via d’uscita, non poteva fare altrimenti visto il suo modo di pensare. Me l’aspettavo al 99%“, disse il portavoce di Gardini, Stefano Roberti, dopo il suicidio, come riportato da Italia Oggi all’indomani della tragedia.

IL SUICIDIO DI RAUL GARDINI NELLA RICOSTRUZIONE DELL’EPOCA

Raul Gardini era nella sua abitazione di piazza Belgioioso a Milano. Stando alla ricostruzione dell’epoca di Italia Oggi, alle 8.15 nei locali che confinavano con gli uffici della sua società, giunse la telefonata di uno dei suoi avvocati, Giovanni Maria Flick, che era passato in camera senza ottenere risposta. Anche una successiva chiamata alle 8.45 non ottenne risposta. Il personale di servizio si insospettì: in casa c’erano un maggiordomo e una cameriera, oltre al figlio Ivan. Quindi,

il personale si decise ad entrare in stanza. La porta non era stata chiusa a chiave, quindi trovarono Raul Gardini con addosso un accappatoio, riverso nel letto. In pugno aveva la pistola di sua proprietà. “Pare anche che Gardini abbia lasciato un biglietto con un semplice ‘grazie’ alla sua famiglia. Alle 8,59 una chiamata al 113 ha avvertito che in piazza Belgioioso ‘c’era un morto’e due minuti dopo è intervenuta un’ambulanza della Croce bianca. Inutile è stato ogni soccorso, nonostante i tentativi dei lettighieri durante il trasporto al Policlinico“.