Siniša Mihajlović e la malattia: la leucemia mieloide acuta
Siniša Mihajlović è stato un calciatore e allenatore di calcio. Il campione è scomparso nel 2022 dopo aver lottato a lungo contro una terribile forma di leucemia aggressiva e resistente. Si tratta della leucemia mieloide acuta che l’allenatore del Bologna ha scoperto nel 2019. Dopo la scoperta della diagnosi, il campione si è sottoposto a continui cicli di chemioterapia e trapianto di midollo. Sembrava essere andato tutto per il verso giusto, ma improvvisamente la malattia è tornata più forte di prima, anche se Sinisa non ha mai perso il sorriso e la forza. ”
La morte di Siniša Mihajlović è stato come un fulmine a ciel sereno nella vita della sua famiglia. Le figlie sui social hanno condiviso un commovente ricordo dedicato al padre. A cominciare da Virginia: “tu sei stato troppo, per me, per noi, per tutti. Il mio cuore è spezzato in frantumi, la mia anima peggio e non riesco a parlare del mio super eroe, per me papà, per voi Sinisa, fa troppo male”, mentre Viktorija ha scritto: ti amo con tutto il mio cuore, anima pura, rara, orgoglio della mia vita, mio eroe, ovunque tu sia io so amare fino a lì”.
Siniša Mihajlović e le parole della moglie Arianna Mihajlović
La moglie Arianna Mihajlović ha parlato negli studi di Verissimo della morte del marito Siniša scomparso nel 2022 per leucemia: “è stato un anno difficilissimo. All’inizio non riuscivo a prendere coscienza di quello che mi era successo, ora piano piano sto cercando di elaborare il lutto e di accettarlo”. Nel 2019 la prima diagnosi e nel 2022 la ricaduta: “la prima volta eravamo molto forti, eravamo convinti di vincere questa battaglia, poi quando è arrivata la seconda batosta ho avuto davvero paura di perderlo. Ho sofferto quando è morto, ma anche i quattro anni della malattia sono stati difficilissimi. Vedere il terrore negli occhi di Siniša Mihajlović, i trapianti, quando le cure andavano male: sono stati momenti traumatici”.
Infine sugli ultimi giorni di vita del marito, Arianna ha ricordato: “il secondo trapianto non era andato bene. I dottori ci avevano dato come ultima possibilità una cura sperimentale a Bergamo. Ci abbiamo provato. All’inizio sembrava stesse andando bene, poi però ha avuto un crollo. I medici mi hanno chiamata per dirmi che oramai non c’era più niente da fare”.