Maradona, il più grande calciatore della storia se n’è andato, portato via dai suoi vizi, dai suoi eccessi, dalla sua brama di vita. Cercava risposte, sempre, ovunque, non le ha mai ottenute. Ha continuato a cercare fino a qualche ora fa, con il cuore stanco, ma l’anima vigile. Chissà, forse la soluzione gli è arrivata ora.



Sono tra quelli che non amano le classifiche, perché è difficile coniugare le varie epoche, ma se bisogna farle, allora Diego Armando Maradona, morto dopo aver compiuto da poco 60 anni, è stato il più grande di sempre. Più di Pelè, che si è misurato solo con se stesso e quando è uscito dal suo giardino, era protetto dal periodo aureo del Brasile, da pretoriani imponenti. Immenso, ma in squadre di fenomeni. Diego ha vinto un Mondiale da solo, quello della “mano di Dio”, il gol più furfantesco della storia, segnato all’odiata Inghilterra nel 1986, la vera vittoria delle Falkland-Malvinas.



Maradona era un genio popolare, in lui convivevano alto e basso. L’alto del giocatore di successo, che faceva i soldi e neanche si curava di dove finivano, per cui erano aperte tutte le porte, e il basso dell’uomo popolare, amico di tutti, che non negava una pacca sulla spalla, un sorriso, una battuta, che non si sentiva superiore a nessuno, che era capace di stare con tutti e che finiva nelle conchiglie con i camorristi.

Era sempre dalla parte della gente fino a manifestare un amore incomprensibile per i tiranni latinoamericani. Passi Fidel Castro, con il suo mito, ma Chavez? Il fatto è che Diego si è sempre sentito contro, aveva la sindrome Che Guevara, voleva essere un rivoluzionario, ma, in definitiva, se lo è stato nel calcio non lo è stato nella vita. Le sue contraddizioni, però, i suoi peccati, non hanno mai fatto del male a nessuno, se non a se stesso. Agli altri ha fatto solo bene e molti, procuratori, amici per finta, frequentatori con un doppio fine, lo hanno sfruttato, spremuto, tradito. Ma nessuno lo ha veramente odiato, neppure quelli che lui attaccava, travolto dal furore del barricadiero senza una vera barricata. Era socialista? Mah, forse anarchico. Era unico.



L’ho inseguito a Napoli, a Siviglia, a Buenos Aires, a Istanbul, a Lipsia, a Glasgow, a Città del Capo. Gli ho parlato da solo e in compagnia. Diceva, a volte, cose che mi facevano accapponare la pelle, analisi della vita reale strampalate, anti-storiche, moralistiche senza morale, eppure non riuscivo ad arrabbiarmi. “Senza la cocaina non avrei fatto quello che ho fatto” ha detto.

E’ vero, Maradona non si può prendere con le pinze di un “se”, “se non avesse”, “se avesse”. Non esiste, con lui, il periodo ipotetico, esiste solo un torrente di vita, meraviglie, vizi, contraddizioni, peccati, slanci, generosità, tradimenti, opere d’arte calcistica. Prendere o lasciare. Prendiamo, abbiamo sempre preso. Anche ora che è stato lui a lasciarci.