Tommaso Buscetta è stato tra i primi mafiosi collaboratori di giustizia, “pentito” – definizione che non avrebbe mai digerito – dopo una vita nel cuore di Cosa Nostra e il carcere. Noto come il “boss dei due mondi” e “don Masino”, è nato a Palermo nel 1928 ed è morto negli Stati Uniti, poi sepolto sotto falso nome a seguito del suo “tradimento” alla mafia, nel 2000. Aveva 71 anni e il decesso sarebbe avvenuto a causa di un cancro. All’epoca della morte era ancora sposato con la terza moglie, Cristina, una donna brasiliana rimasta con lui fino all’ultimo e che sarebbe stata determinante nel suo percorso di collaboratore di giustizia.



Le rivelazioni di Tommaso Buscetta, durante le inchieste coordinate dal giudice antimafia Giovanni Falcone, contribuirono a mettere a segno un colpo durissimo ai vertici di Cosa Nostra e a ricostruire in modo dettagliato la struttura della criminalità organizzata in Sicilia. Le testimonianze di Buscetta si sarebbero rivelate determinanti nel maxiprocesso di Palermo e nell’operazione “Pizza Connection” a New York, portando alla condanna di centinaia di mafiosi. Avviatosi giovanissimo alla microcriminalità, si sarebbe affiliato a Cosa Nostra negli anni ’40 e a metà degli ’80, dopo essere diventato collaboratore di giustizia, sarebbe approdato negli USA sotto protezione. Nel frattempo, la sua vita privata avrebbe vissuto diversi capitoli importanti con tre matrimoni e la nascita dei suoi figli. Sposato in prime nozze con Melchiorra Cavallaro e poi con Vera Girotti, nel 1968 si sarebbe unito alla donna con cui avrebbe concluso la sua esistenza, la brasiliana Cristina De Almeida Vimarais (nel film Il traditore, pellicola di Marco Bellocchio che narra la storia del pentito, il personaggio è Maria Cristina De Almeida Guimarães, interpretato dall’attrice Maria Fernanda Cândido).

Chi è Tommaso Buscetta: il “tradimento” a Cosa Nostra, i figli uccisi e le parole su Giovanni Falcone

Tommaso Buscetta, nato nel 1928 e morto nel 2000, è stato uno dei primi collaboratori di giustizia e le sue rivelazioni avrebbero costituito un passaggio determinante nella lotta a Cosa Nostra condotta dal giudice Giovanni Falcone e dal pool antimafia poi sfociata nello storico maxiprocesso di Palermo. Ritenuto un “traditore” dai mafiosi che avrebbe contribuito ad inchiodare nella sua veste di “pentito”, Tommaso Buscetta avrebbe vissuto fino alla morte oltreoceano assumendo nomi come Manuel Lopez Cadena e Paulo Roberto Felici. Figlio di Felicia Bauccio e Benedetto Buscetta, casalinga e vetraio, era l’ultimo di 17 figli e a soli 16 anni, nel 1944, avrebbe sposato la prima moglie Melchiorra Cavallaro. Dalla loro unione sarebbero nati quattro figli: Felicia (1946), Benedetto (1948), Domenico e Antonio. Quest’ultimo e il maggiore dei maschi, Benedetto, sarebbero stati rapiti e uccisi l’11 settembre 1982, vittime della lupara bianca nel corso della seconda guerra di mafia. La seconda moglie di Tommaso Buscetta, Vera Girotti, gli avrebbe dato una figlia di nome Alessandra.

Dopo essersi trasferito in Brasile, Tommaso Buscetta avrebbe conosciuto la giovane figlia di un noto avvocato brasiliano, Cristina De Almeida Vimarais. Si sarebbero sposati nel 1968 e avrebbero avuto altri figli tra cui Roberto Buscetta che, insieme alla madre, nel 2015 sarebbe stato rintracciato da due cineasti per un documentario sulla storia del padre Tommaso Buscetta e avrebbe accettato di parlare dopo decenni vissuto sotto false identità. Buscetta rivelò a Giovanni Falcone preziosi elementi per inchiodare centinaia di malavitosi in Sicilia. La sorella del giudice ucciso a Capaci, Maria Falcone, tracciò un breve ritratto dell’ex “boss dei due mondi” svelando a Non è l’Arena le parole spese da Buscetta sul fratello ucciso nella strage del 1992 durante il loro incontro: “Mi ricordo soprattutto che mi accolse con commozione. L’ho visto come un signore di altri tempi, portava un vestito di lino bianco così come era uso ai tempi forse, nei primi del ‘900. Aveva l’atteggiamento di un uomo quasi elegante. La cosa più bella che mi disse fu ‘Signora, lei non può sapere quanto io ho amato suo fratello. L’ho rispettato, perché lui ha saputo rispettare me. Molti dicono in giro che io sono un amico di Giovanni, magari lo fossi stato. Io sono sempre stato dall’altra parte del tavolo, lui era il giudice e io ero il reo“.