Questa sera tornerà in onda ‘I ragazzi delle scorte – Io devo continuare‘, il docufilm dedicato alla memoria degli agenti di polizia che hanno perso la vita nella stagione delle stragi, incentrato – in particolare – su Emanuela Loi, al servizio del giudice Paolo Borsellino (nemico numero 1 delle cosche mafiose palermitane) e al suo fianco fino a quel tragico 19 luglio del 1992 quando una bomba esplose in via D’Amelio a Palermo uccidendo sul colpo il giudice e cinque dei sei agenti di scorta che gli erano stati affidati. Così – seguendo con onore e spirito il suo rischiosissimo compito – Emanuela Loi è diventata la prima poliziotta a morire per mano delle mafie, in un periodo in cui (peraltro) era anche tra le poche agenti assunte in un sistema ancora a larghissima predominanza maschile.
La cronaca di quel triste 19 luglio è – purtroppo – fin che mai nota e l’obiettivo del documentario è proprio accedere i riflettori su quei cinque agenti morti in servizio, proteggendo con la loro stessa vita quel Paolo Borsellino che riuscì – prima di morire – a dare il via al famosissimo maxiprocesso contro le mafie. Emanuela Loi, quel giorno, era accompagnata dai colleghi Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli: l’ultimo era il più giovane tra i cinque, mentre l’agente sarda aveva solamente 24 anni quando la bomba esplose a pochissima distanza da lei.
Chi era Emanuela Loi: dalla Sardegna a Palermo, la mattina della strage in via D’Amelio era malata
Su Paolo Borsellino sono state scritte pagine e pagine di libri e riviste, interi film e anche alcune serie, ma chi era Emanuela Loi e come finì ad appena 24 anni – di cui soli due di servizio – al fianco di uno degli uomini più importanti della stagione stragista? Per rispondere dobbiamo partire dal principio, quando la ragazza sarda (nata nell’ottobre del 1967 a Cagliari) dopo il diploma decise nel 1989 di tentare il test per entrare nella Polizia di Stato: a portare Emanuela su quella strada fu sua sorella – Maria Claudia Loi -, convincendola a lasciar perdere la carriera di maestra che si era prefissata e dandole una prospettiva nuova che lei decise di seguire con tutte le sue forze.
Tre anni dopo – nel 1992, finita l’accademia – venne trasferita da protocollo lontana dalla sua Sardegna e finì nell’area più calda del nostro territorio: proprio quella Palermo che di lì a poco sarebbe stata sconvolta da due dei più famosi attentati mafiosi, il primo a Capaci e il secondo in via D’Amelio. Emanuela Loi era cosciente dei pericoli che correva, ma chiese personalmente di essere affidata alla squadra Scorte e dopo alcune missioni ricognitive fu affiancata proprio a Paolo Borsellino; mentre l’ironia della sorte vuole che in quel 19 luglio sarebbe dovuta rimanere a casa per malattia, ma decise di ignorare i suoi problemi, indossare la divisa e immolarsi per proteggere il giudice.