Luisa Fantasia, moglie del brigadiere Tonino Mascione, è considerata la prima vittima trasversale della mafia. Fu uccisa brutalmente il 14 giugno 1975 nella sua abitazione a Milano dove in quel momento si trovava anche la figlia Cinzia, di appena 17 mesi. La sua terribile storia è raccontata in una puntata della trasmissione Rai Cose Nostre, in un ritratto davanti alle telecamere che attraversa segreti e verità sconvolgenti emerse dopo decenni.



Il marito di Luisa Fantasia ha abbandonato la divisa dopo l’atroce omicidio per entrare nei Servizi segreti, e per anni avrebbe evitato di parlare di quanto successo alla donna che amava e che aveva sposato. Avrebbe deciso per tutti di mantenere il silenzio sulla morte di Luisa Fantasia evitando di parlarne persino ai figli. Cinzia, nata dal loro amore, e Pierpaolo Mascione, figlio avuto con Maria, la donna con cui si sarebbe poi legato crescendo una famiglia unita ma segnata da un dolore sommerso che sarebbe venuto a galla soltanto dopo molto tempo. Luisa Fantasia era originaria della Puglia, precisamente di San Severo, in provincia di Foggia, e aveva seguito il marito a Milano perché lui, brigadiere, vi era stato trasferito negli anni ’70.



La storia di Luisa Fantasia, la biografia e il matrimonio con Antonio Mascione

Luisa Fantasia è nata il 12 aprile 1943 e ha sposato, giovanissima, il carabiniere Antonio Mascione, per tutti Tonino, con cui poi si sarebbe trasferita a Milano. Lui, brigadiere, era stato assegnato al reparto operativo del Comando provinciale del capoluogo lombardo nel pieno delle indagini sulle Brigate Rosse. Dal loro amore è nata una figlia, Cinzia, che sarebbe cresciuta nella consapevolezza della morte di sua madre ma per anni, sulla scia del silenzio imposto dal padre, non avrebbe parlato della tragedia al fratello Pierpaolo, nato dall’unione tra il genitore e un’altra donna che l’ha amata come se fosse sua figlia.



Come riporta l’associazione Libera contro le mafie, il marito di Luisa Fantasia lavorava sotto copertura occupandosi di criminalità organizzata e lotta al traffico di stupefacenti. Due persone, Abramo Leone, all’epoca minorenne, e Biagio Jaquinta, di 22 anni, avrebbero portato il brigadiere alla scoperta dei vertici dello spaccio sull’asse Calabria-Lombardia sull’onda del trasferimento di una grossa partita di droga attesa nel porto di Gioia Tauro per essere poi immessa nelle piazze di Milano. Mascione sarebbe riuscito a convincere i due criminali, legati a una ‘ndrina calabrese, a farsi rivelare dettagli preziosissimi per chiudere il cerchio intorno alla gestione del traffico, fingendo di essere interessato all’acquisto pagando 60 milioni di lire. Avrebbe organizzato un incontro con chi aveva in mano la droga, portando con sé una valigetta con il denaro, ma la sua copertura sarebbe saltata poco dopo.

L’omicidio di Luisa Fantasia a Milano, vittima innocente di mafia

Abramo Leone e Biagio Jaquinta sarebbero riusciti a fissare un secondo appuntamento con il brigadiere, ma non si sarebbero presentati. Avrebbero poi scoperto il vero indirizzo di Antonio Mascione e, convinti che vi avrebbero trovato la valigetta con i soldi, il 14 giugno 1975 si sarebbero recati presso l’abitazione del carabiniere e di sua moglie, Luisa Fantasia. All’interno avrebbero trovato la donna, sola in casa insieme alla figlia di 17 mesi, Cinzia.

Secondo quanto ricostruito, Luisa Fantasia avrebbe detto loro di non sapere nulla della valigetta che cercavano, e l’avrebbero violentata e uccisa senza preoccuparsi della presenza della bambina. Uno dei due avrebbe sgozzato la vittima, provocandone la morte in pochi minuti. Luisa Fantasia aveva soltanto 32 anni. Sua figlia Cinzia avrebbe assistito all’orrore prima che i due si dessero alla fuga. Al suo ritorno, il brigadiere Mascione avrebbe fatto la macabra scoperta. Le indagini, di cui il marito di Luisa Fantasia si sarebbe occupato in prima persona con i colleghi, avrebbero puntato subito su Leone e Jaquinta. Nelle loro abitazioni, gli inquirenti avrebbero trovato i soldi rubati alla famiglia e la fede nuziale della vittima. Avrebbero confessato, scambiandosi accuse reciproche, e a processo sarebbero stati condannati all’ergastolo. Biagio Jaquinta sarebbe stato ucciso in carcere da un altro detenuto pochi anni più tardi. La notizia del delitto sarebbe arrivata ad Antonio Mascione con una telefonata anonima: “Giustizia è stata fatta“.