Tre esplosioni hanno squarciato i tubi in acciaio e commento armato del Nord Stream. I sospetti si sono subito concentrati su agenti del Cremlino nel quadro di una serie di operazioni audaci condotte anche prima dell’invasione dell’Ucraina. Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Zelensky, ha affermato il giorno dopo l’incidente che le esplosioni erano un atto di terrorismo orchestrato da Mosca. Invece, i Paesi occidentali sono stati più cauti e non hanno ancora accusato formalmente la Russia, nonostante i diffusi sospetti sul Cremlino. In realtà, a quattro mesi di distanza dall’attacco, nessuna delle tre indagini separate condotte da Danimarca, Germania e Svezia ha indicato pubblicamente chi ritiene responsabile. Il servizio di sicurezza statale svedese, ad esempio, a novembre ha fatto sapere di aver scoperto tracce di esplosivo sul luogo delle tre esplosioni, senza fornire ulteriori dettagli.



Il silenzio sulle indagini, che hanno coinvolto sensori subacquei, sottomarini e immagini satellitari per ricostruire i fatti, ha scatenato voci e accuse di insabbiamento, oltre a diffondere la percezione di una mancanza di trasparenza. «Capisco, soprattutto in tempi di guerra, che queste indagini delicate possano richiedere segretezza, ma in uno Stato di diritto, l’opinione pubblica ha il diritto di sapere cosa è realmente accaduto. Il governo federale deve rompere il suo silenzio molto presto, creare trasparenza o almeno presentare una narrazione plausibile», ha dichiarato al Tagesspiegel Konstantin von Notz, presidente della commissione parlamentare tedesca che supervisiona i servizi di intelligence. Uno dei rischi è che si scatenino teorie cospirative e speculazioni selvagge. Peraltro, sarebbe importante scoprire la verità sull’attacco al Nord Stream soprattutto alla luce del fatto che altre infrastrutture critiche potrebbero essere a rischio con la guerra in Ucraina in corso.



“OCCIDENTE DIETRO ATTACCO A NORD STREAM? TUTTI HANNO LE LORO RAGIONI”

Sulla vicenda è tornato il Times, secondo cui l’indagine tedesca avrebbe fatto pochi progressi finora, in quanto non è stata trovata alcuna prova convincente. Ma i funzionari restano aperti alla teoria che uno Stato occidentale sia responsabile dell’attentato con l’obiettivo di incolpare la Russia. A ciò si aggiunge il fatto che 23 funzionari diplomatici e dei servizi segreti di nove diversi Paesi occidentali hanno dichiarato di recente al Washington Post di non aver ancora trovato prove che colleghino la Russia all’attacco. Alcuni hanno detto, dunque, di non credere che la Russia sia responsabile. Non si esclude neppure che Nord Stream sia stato attaccato al culmine di una serie di lotte intestine in Russia, dove il gasdotto era visto come uno dei maggiori successi del Paese dopo il crollo dell’Unione Sovietica. «Qualcuno a Mosca potrebbe aver spinto per un riavvio dei flussi, viste le conseguenze economiche dell’interruzione per la Russia stessa. E [gli attacchi] potrebbero essere stati un modo per impedire questo tipo di conversazione all’interno della Russia», sostiene Simone Tagliapietra, esperto di politica energetica presso il think tank Bruegel a Bruxelles.



August Hanning, ex direttore dei servizi segreti tedeschi, ha sostenuto alla fine dello scorso anno che molti altri Paesi oltre alla Russia avrebbero potuto avere interesse a disattivare gli oleodotti. Ha fatto i nomi di Stati Uniti, Ucraina, Polonia e Gran Bretagna. «Tutti hanno le loro ragioni». Per ora appare difficile che venga rivelata la verità nel prossimo futuro. E alcuni avvertono che le difficoltà di raccogliere prove sufficienti potrebbero alla fine rivelarsi insormontabili. «Non credo sia sorprendente che non ci sia ancora una serie di prove conclusive. Il processo forense sottomarino richiederà sempre molto più tempo. Questo potrebbe essere uno scenario in cui non avremo mai una pistola fumante», ha dichiarato Benjamin Schmitt, ricercatore associato presso l’Università di Harvard ed ex consigliere per la sicurezza energetica europea presso il Dipartimento di Stato americano.