Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto dell’ultimo saggio di Antonio Noto, “Chi ha cambiato l’Italia? Politica o economia: chi c’è dietro le grandi trasformazioni della società degli ultimi 30 anni” (Rubbettino, 2023)
Com’è cambiato il nucleo sociale primario negli ultimi 30 anni, la famiglia? L’evoluzione maggiore è sicuramente quella rappresentata dalla condizione femminile e dalla propensione a fare figli. Ma è il complesso degli equilibri interni a essere mutato, l’approccio alle convenzioni sociali che lo hanno regolato nel tempo e il diverso peso attribuito agli aspetti della vita individuale.
Lo abbiamo già rilevato, la fotografia attuale evidenzia la tendenza, nata negli scorsi anni, che non arresta la propria corsa: la crescita dei monocomponenti. In Italia risiedono 25,6 milioni di famiglie, il 33,2% delle quali è composto da un solo individuo. Rappresenta ormai la quota più elevata seguita, in perfetto ordine di grandezza, dal 27,7% con due componenti, il 18,9% con tre componenti, il 15,2% che ha quattro componenti, il 3,9% con cinque componenti e l’1,2% che ha sei o più persone. Il contesto famigliare di riferimento cambia molto sia a seconda del genere sia dell’età dei soggetti che si vanno ad analizzare, ma anche della collocazione geografica.
Le variazioni maggiori della composizione famigliare nel corso degli ultimi 30 anni si registrano nell’esperienza femminile della famiglia e si individuano nei dati che riguardano le fasce più giovani: tra i 25 e i 34 anni diminuiscono le donne che vivono in coppia, con o senza figli (rispettivamente dal 36,4% al 33% e dal 15,3% a 12,9%), mentre quasi l’8% di donne vive da solo. Anche nelle due fasce di età successive si registrano cambiamenti notevoli rispetto agli anni precedenti: il 6% in meno vive in coppia con figli, aumentano quelle che vivono da sole e le madri single.
Nel complesso, considerando entrambi i sessi, nel corso degli ultimi 30 anni si sono ridotti gli individui che vivono l’esperienza di genitore in coppia, mentre sono sempre di più i single e genitori soli. La composizione attuale della famiglia presenta anche delle considerevoli differenze territoriali all’interno del Paese. Se le madri single sono distribuite in maniera pressoché uniforme nel territorio nazionale, differenze si registrano, invece, per le coppie con figli, in numero maggiore al Sud. Il ritardo dell’uscita dal contesto famigliare di origine è quello maggiormente influenzato non solo da fattori economici ma anche culturali. Le ambizioni di carriera hanno contribuito a cambiare radicalmente la vita e la composizione della famiglia. Un ulteriore aspetto socioculturale ha influenzato le evoluzioni a cui stiamo assistendo: la necessità di indipendenza e autonomia.
Il Report Istat sulla natalità evidenzia come nel 2020 è il 40% la quota dei bambini nati al di fuori del matrimonio. Come abbiamo già visto, anche il fenomeno della contrazione delle nascite è mutato in questi 30 anni, se prima era il numero dei secondi e terzi figli a subire una diminuzione netta, oggi il calo più forte tocca proprio i primogeniti.
Ma come stanno reagendo la politica e le aziende a questa evoluzione della famiglia? Non sempre il contesto politico sembra aver intercettato i cambiamenti culturali e gli effetti dell’economia sulla composizione dei nuclei familiari. Le politiche di natalità si sono concentrate sull’agevolazione delle famiglie numerose e forse ancora troppo poco nel sostenere i più giovani interessati a mettere su famiglia, intervenendo su fattori come la formazione capacitante o l’agevolazione all’ingresso nel mondo del lavoro.
La reale capacità di mantenere economicamente una nuova famiglia rappresenta sicuramente uno degli elementi che induce spesso a posticipare tale scelta. E su questa valutazione pesa considerevolmente l’ultima tendenza fotografata dai dati Istat sulla riduzione dei primogeniti. Anche se ha il suo peso una nuova graduatoria di valori: la famiglia non è più considerata come l’unico contesto di soddisfazione personale, soprattutto per le donne. La volontà di competere nel mercato del lavoro al pari degli uomini e l’assenza di un adeguato sistema di welfare e di supporto alla conciliazione dei tempi di famiglia e lavoro, fanno sì che la donna si ritrovi a dover scegliere in particolare fra maternità e carriera.
Ciò comporta in linea generale che una strategia complessiva a favore della famiglia e della natalità non possa concentrarsi alla sola platea dei nuclei già formati o più ampi con politiche dedicate, ma abbia la necessità di intervenire in maniera concreta su più passaggi nodali della vita, dalla formazione al lavoro, al welfare, in particolare delle donne.
Dall’altro lato, il marketing consumer, e in generale il mondo economico, ha immediatamente intercettato questa tendenza sociale offrendo soluzioni sempre più profilate. Dalle confezioni monoporzione ai servizi dedicati, soluzioni abitative e formule turistiche: i single trovano prodotti loro dedicati anche nel settore finanziario e assicurativo. E ancora una volta la politica si classifica in ritardo nella competizione con l’economia.
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