Sui danni riportati dai gasdotti Nord Stream si intreccia un giallo internazionale: chi li ha fatti esplodere? Le prime accuse sono state rivolte alla Russia, che dal canto suo ha puntato il dito contro gli Stati Uniti. Infatti, Mosca ha chiesto ufficialmente spiegazioni alla Casa Bianca ricordando le dichiarazioni rese dal presidente americano Joe Biden lo scorso 7 febbraio, subito rimbalzate sui social. Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha infatti pubblicato sul suo canale Telegram il video di un conferenza stampa di Biden, prima dell’inizio della guerra in Ucraina. “Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a questo“, aveva dichiarato il presidente Usa rispondendo ad un cronista. Quando gli fu chiesto come avrebbe fatto, visto che il progetto è sotto il controllo della Germania, Biden aveva aggiunto: “Vi garantisco che saremo in grado di farlo“. Una risposta lapidaria su cui ora si concentrano i sospetti della Russia. Quelle parole, decontestualizzate, appaiono come la minaccia di un sabotaggio. Il contesto era però diverso.
In primis, Joe Biden ne parlò con il cancelliere tedesco Olaf Scholz al suo fianco. I due leader avevano infatti discusso a Washington della possibilità di usare lo stop al gasdotto Nord Stream 2 come arma di ricatto contro la Russia in caso di invasione. “Prenderemo tutte le misure necessarie, insieme ai nostri alleati e partner, saremo uniti“, aveva detto Scholz. Infatti, il 22 febbraio annunciò che la Germania aveva adottato le misure necessarie per fermare il processo di certificazione del gasdotto Nord Stream 2. Quindi, fu Berlino a mettere la parola fine all’entrata in funzione del gasdotto, come aveva promesso due settimane prima Biden. L’amministrazione Usa aveva così raggiunto il suo obiettivo senza il bisogno di danneggiare i gasdotti Nord Stream. Quelle parole di Biden erano un ultimatum alla Germania per spingerla a chiudere il progetto. La Russia, che non ha mai rinunciato all’ipotesi che la Germania ci ripensasse, ha riempito di gas il condotto, anche senza flusso. Se dunque un sabotaggio da parte Usa è una delle ipotesi, la prova non può essere individuata nelle parole di Biden, che aveva chiesto alla Germania di rinunciarci, come poi accaduto.
DANNI A GASDOTTI NORD STREAM, RIMPALLO DI ACCUSE
La Nato in una nota, sottoscritta anche da Svezia e Finlandia che sono alleati entranti, spiega che il danneggiamento dei gasdotti Nord Stream 1 e del Nord Stream 2 nelle acque internazionali del Mar Baltico sarebbero il frutto di “atti di sabotaggio deliberati, sconsiderati e irresponsabili“. Il Consiglio Atlantico fa riferimento a “informazioni attualmente disponibili“. Sulla natura delle esplosioni comunque circolano diverse ipotesi: il colpo di un sommergibile, un drone marino o cariche di Tnt. Nessuna cancelleria dubita sul fatto che le falle non siano il risultato di un incidente, ma di un sabotaggio. Nel frattempo prosegue il rimpallo delle responsabilità. Per la Russia è “stupido e assurdo” incolparla. Intanto ha aperto un’inchiesta per “terrorismo internazionale“, ottenendo una riunione per domani del Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’accaduto, mentre Svezia e Danimarca hanno il compito di fornire tutte le informazioni ai membri del Consiglio, visto che le falle riguardano le zone economiche esclusive di Copenaghen e Stoccolma. Per gli Stati Uniti è “ridicolo” ipotizzare che siano stati loro i responsabili delle esplosioni. Ma solo quando il gas nel tubo sarà terminato, si potrà scendere in profondità per indagare, come spiegato dal ministro della Difesa danese Morten Bodskov. La Russia si è detta comunque disponibile a considerare richieste per un’indagine congiunta europea, che però nessuno ha avanzato. Gli 007 svedesi hanno annunciato invece un’inchiesta per “sabotaggio aggravato” contro la sicurezza e gli interessi nazionali, mentre Norvegia, Germania e Commissione Ue hanno innalzato i livelli di vigilanza sulle infrastrutture energetiche.
A CHI CONVIENE SABOTAGGIO A GASDOTTI NORD STREAM?
Gli esperti sono tutti concordi nel definire rara la possibilità che un gasdotto abbia una rottura o perdita, motivo per il quale al momento l’ipotesi prevalente sull’origine dei danneggiamenti è che sia frutto di un sabotaggio. Ma non è ancora chiaro chi abbia fatto esplodere i gasdotti Nord Stream. Oltre al consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, anche altri Paesi europei sospettano che ci sia la mano della Russia dietro l’attacco. Infatti, due funzionari dell’intelligence europea hanno riferito alla Cnn che lunedì e martedì navi di supporto alla Marina russa erano in prossimità delle falle del gasdotto Nord Stream. Quindi, prima di chiedersi chi ha fatto esplodere gasdotti Nord Stream bisogna interrogarsi su a chi conviene. Federico Rampini sul Corriere della Sera spiega che tre sono le ipotesi che possono spiegare che la responsabilità è di Mosca. L’attacco al Nord Stream ha causato ulteriore insicurezza sui mercati dell’energia e fatto salire ulteriormente il prezzo del gas in Europa. Inoltre, potrebbe essere un avvertimento, visto che le esplosioni sono avvenute in una zona sorvegliata dalla Nato, quindi così evidenziano che le infrastrutture europee sono esposte. Infine, così i gasdotti Nord Stream rischiano di restare per sempre fuori uso, quindi Mosca punterebbe a vendere il gas su altri mercati, a partire dalla Cina.
“CHIUNQUE PUÒ AVER FATTO ESPLODERE GASDOTTI NORD STREAM”
Chi conosce bene i fondali del Mar Baltico, avendoci operato per anni con la Marina svedese, è Patrik Hulterström, dottorando in War Games alla Swedish Defense University. “Qualunque marina nazionale ha i mezzi necessari per questa operazione. E anche tanti privati: basta avere le cariche esplosive“, ha dichiarato a Libero. Dunque, chiunque potrebbe essere responsabile dell’attacco ai gasdotti Nord Stream. Per Hulterström bisogna immergersi a 70-90 metri di profondità, usando un Rov, un sottomarino a comando remoto senza pilota ma operato dalla nave madre a cui è collegato, per trasportare cariche esplosive da piazzare. “Immagino un innesco con il timer per due ragioni. Non solo perché le radiofrequenze non sono affidabili sott’acqua ma anche per dare tempo a chi piazza le cariche di allontanarsi dall’area: non vuoi certo essere in zona quando scatta l’innesco“. Non solo per una questione di sicurezza, ma anche di rintracciabilità: “Meglio essere molto lontani nello spazio e nel tempo dal luogo dell’esplosione“.
Per questo, si può immaginare “un lasso di tempo anche sostanziale fra la preparazione del sabotaggio e il momento dell’esplosione“. Riguardo il fatto che nessuno si sia accorto di nulla: “Questa è una zona del Baltico estremamente trafficata e mescolarsi fra le navi può essere facile. Di certo però un’operazione del genere richiede una lunga sosta sopra all’area scelta per il sabotaggio“. Il professor Hans Liwång, che insegna Sistemi di difesa e ambiente marino all’Università svedese della Difesa, a Libero ricorda che il mar Baltico è stato teatro di molte operazioni militari, ora più frequenti per la guerra in Ucraina. “Non mi sembra che siamo in presenza di un atto di guerra, quanto di un’azione di sabotaggio. Un’azione che possono compiere stati, privati o organizzazioni terroristiche: la lista dei sospetti è molto lunga“. Riguardo il fatto che nessuno abbia visto nulla, la sua spiegazione è questa: “Perché nessuno dispone di sensori per vedere a 80 metri di profondità. Non dalla costa né da un aereo da ricognizione: bisognerebbe essere in zona con le navi per vedere cosa succede sotto la superficie. Radar? Vedono e registrano i movimenti in superficie: non vedono se una nave opera anche sott’acqua né tantomeno rilevano i sottomarini“.