Pierluigi Torregiani fu ucciso il 16 febbraio 1979 a Milano, durante un agguato. L’omicidio del gioielliere va ad inserirsi negli anni di piombo, durante i quali l’uomo, appena 43enne, rimase vittima di un assalto armato ad opera di tre uomini appartenenti al gruppo terroristico di estrema sinistra dei Proletari Armati per il Comunismo. Torregiani, classe 1936, era titolare di un piccolo negozio in via Mercantini, alla periferia Nord di Milano ed era considerato un uomo molto attivo nella vita pubblica. Proprio il suo grande attivismo lo aveva portato a ricevere il celebre riconoscimento dell’Ambrogino d’oro dall’allora sindaco Carlo Tognoli per il suo impegno nel sociale e la filantropia.
Pochi giorni prima del suo omicidio, Pierluigi Torregiani rimase suo malgrado coinvolto in una rapina poi finita nel sangue. Era la sera del 22 gennaio 1979 e di ritorno da Castellanza dove aveva preso parte ad una televendita di gioielli per una tv privata, il gioielliere si fermò a cena con la figlia ed alcuni amici in una pizzeria, Il Transatlantico nei pressi di Porta Venezia. Qui fecero irruzione due malviventi per una rapina. Torregiani e uno dei suoi accompagnatori, entrambi armati, reagirono ai malviventi provocando una sparatoria nella quale rimasero uccise due persone, un cliente ed uno dei rapinatori, il 34enne Orazio Daidone.
Pierluigi Torregiani ucciso dai Proletari Armati per il Comunismo
La rapina in pizzeria alla quale Pierluigi Torregiani reagì per difendere principalmente la figlia che era con lui, fu solo l’antefatto che anticipò la sua uccisione. L’uomo iniziò infatti a ricevere delle minacce e per questo gli fu assegnata una scorta. L’epilogo drammatico avvenne il 16 febbraio dello stesso anno quando nel primo pomeriggio, intorno alle 15.00, proprio mentre si accingeva ad aprire il negozio insieme ai suoi figli fu ucciso in un agguato.
Come rammenta Il Corriere della Sera, l’auto della scorta che lo accompagnava, proprio nel giorno del suo omicidio si era allontanata per recarsi sul luogo di una rapina. Ad aprire il fuoco furono Giuseppe Memeo, Sebastiano Masala e Gabriele Grimaldi, tre membri dei Proletari Armati per il Comunismo, temuta formazione terroristica che si formò in Lombardia alla fine degli anni Settanta. Il movente fu il desiderio di rivendicare la morte del rapinatore rimasto ucciso nella sparatoria in pizzeria. Per il delitto Torregiani furono condannati come esecutori materiali Giuseppe Memeo e Gabriele Grimaldi, mentre per concorso morale fu condannato anche Cesare Battisti, accusato di aver preso parte alla riunione in cui si decise l’omicidio del gioielliere.