È quasi surreale osservare la kermesse di opinionisti e utenti dei social media italiani che si lanciano in accese discussioni su come gli americani avrebbero dovuto votare, arrogandosi il diritto di stabilire quale sia la scelta giusta o sbagliata. Tuttavia, la maggior parte di queste persone conoscono poco o nulla della situazione politica, economica e sociale degli Stati Uniti, limitandosi a stereotipi e informazioni superficiali. La distanza culturale e informativa viene colmata con opinioni tranchant, che sembrano più orientate a dimostrare la propria appartenenza ideologica piuttosto che stimolare una riflessione.
L’elemento paradossale risiede proprio nell’assoluta sicurezza con cui vengono emessi giudizi spesso basati su una visione parziale e su una lettura approssimativa della realtà americana, come se questioni tanto complesse potessero essere ridotte a una serie di slogan o “certezze” universali. Questa tendenza rivela non solo una mancanza di rispetto verso l’autodeterminazione politica di un altro popolo, ma anche una profonda superficialità che alimenta discussioni prive di sostanza o comprensione.
Le recenti elezioni americane sono state un vero e proprio tsunami, un evento di portata eccezionale, che ha ribaltato le aspettative di molti analisti politici. Mentre gli Stati Uniti si sono tradizionalmente presentati come una nazione divisa tra roccaforti democratiche e repubblicane, in quest’occasione sembra che l’elettorato abbia ampiamente sostenuto Donald Trump, con una base di consensi che ha sorpreso per la sua trasversalità.
Il sostegno a Trump non proviene infatti solo da una base bianca e conservatrice; è riuscito, in maniera sorprendente, a ottenere consensi da comunità etnicamente e culturalmente diversificate, inclusi gruppi di afroamericani, latini e giovani, oltre a una parte crescente di elettori ebrei. Questo spostamento ha portato alcuni analisti a interrogarsi sul fallimento dei democratici nel trattenere una parte del proprio elettorato di base e nell’attrarre gli elettori indipendenti. Trump, con il suo messaggio diretto e “anti-establishment”, è riuscito a canalizzare la frustrazione di queste comunità, spesso ignorate o marginalizzate dai dibattiti politici dominanti.
Dietro questa svolta politica si nascondono profonde preoccupazioni culturali e ideologiche che hanno influito significativamente sulla scelta degli elettori. Uno dei temi più sentiti è la crescente ostilità verso l’ideologia woke e l’agenda LGBTQ+.
Dalle pagine di Repubblica, Natalia Aspesi definisce un tradimento vedere giovani donne bianche e di colore inneggiare alla vittoria del tycoon. Ma forse non sa che la candidata dem che diceva di volerle rappresentare probabilmente non sarebbe in grado di rispondere alla semplice domanda “cos’è una donna?”. Un episodio emblematico è quello del giudice della Corte Suprema Ketanji Brown Jackson; durante le udienze di conferma al Senato, la senatrice repubblicana Marsha Blackburn le ha chiesto di definire cosa sia una “donna”. La risposta di Jackson – “Non posso. Non sono una biologa” – ha suscitato reazioni di sconcerto e critiche, evidenziando il conflitto culturale e la crescente polarizzazione in atto negli Stati Uniti.
Le preoccupazioni degli americani riguardo all’identità di genere sono particolarmente sentite in relazione all’educazione dei figli e alla gestione della loro salute mentale. Numerosi genitori, tra cui il noto imprenditore Elon Musk, hanno espresso timori sulla pressione esercitata da alcune correnti mediche e terapeutiche riguardo all’uso di “puberty blockers” (farmaci che bloccano la pubertà) nei minori con disagio adolescenziale. Musk stesso ha dichiarato di aver vissuto una situazione complessa e dolorosa: spinto dalla paura di perdere il figlio a causa del rischio di suicidio, e sottoposto a pressioni emotive da parte di esperti che sostenevano la transizione come unica via di salvezza, ha accettato di intraprendere una terapia ormonale per il figlio, che ora ha interrotto ogni rapporto con lui, lasciandolo con un profondo senso di rimpianto e angoscia. Questa esperienza ha spinto Musk a dichiarare pubblicamente il suo sostegno politico a Trump, che ha promesso un controllo più rigido sui trattamenti medici destinati ai minori e intende arginare quella che definisce una “mutilazione medica e psicologica” di bambini e adolescenti.
La rapidità con cui la gender affirming care (cure che affermano l’identità di genere) si sta diffondendo negli Stati Uniti ha sollevato numerose domande e perplessità. Il settore delle cliniche che offrono percorsi di affermazione di genere sta conoscendo una crescita esponenziale, alimentata dall’industria farmaceutica, che trae enormi profitti dai trattamenti ormonali e chirurgici necessari per il mantenimento del genere scelto. Per molti, sorge il dubbio che il sostegno incondizionato alle pratiche di affermazione di genere da parte di alcuni politici democratici sia motivato anche da interessi economici e non solo da un desiderio altruistico di proteggere i diritti delle persone transgender.
Di fronte a questo scenario, molti elettori, inclusi genitori preoccupati, hanno espresso una forte reazione, vedendo nelle politiche di Trump una difesa dei valori familiari e una protezione dalle trasformazioni culturali ritenute invasive. In Florida, ad esempio, Trump ha ottenuto il 54% dei voti nella contea di Miami-Dade, una zona a maggioranza ispanica. Questa contea, che Hillary Clinton aveva vinto con il 63% dei voti nel 2016 e Joe Biden con il 53% nel 2020, ha visto i repubblicani guadagnare terreno, dato che la popolazione latina locale è tradizionalmente più incline a posizioni conservatrici e mal sopporta certa retorica woke dei dem.
In definitiva, queste elezioni evidenziano un punto di rottura all’interno della società americana, dove la spinta verso un certo progresso sociale sembra aver generato una reazione altrettanto forte a favore di una conservazione dei valori più tradizionali. La questione rimane aperta e complessa: l’elettorato si trova ora davanti a una scelta tra la difesa dei diritti individuali e il mantenimento di un’identità culturale percepita come minacciata.
Business insider ha fornito una panoramica delle analisi seguite alla vittoria dirompente di Trump alle elezioni. Tra le spiegazioni principali, emergono una forte rivolta populista contro le élite e l’incapacità dei democratici, incarnati dalla vicepresidentessa Kamala Harris, di connettersi con le esigenze della classe lavoratrice. La capacità di Trump di attirare un vasto elettorato multietnico e trasversale è emersa come uno dei suoi più grandi punti di forza e ha portato molti osservatori a mettere in discussione le precedenti narrative sul suo sostegno.
Un motivo centrale del successo di Trump risiede nella sua abilità di focalizzarsi sulle difficoltà economiche della classe media e dei lavoratori, esasperate dall’inflazione e dall’erosione dei redditi. La sua critica alle politiche economiche delle élite — rappresentate simbolicamente da Washington e dai media — ha trovato eco in un elettorato che percepisce di essere stato trascurato. Come ha sottolineato l’economista Steve Hanke, questa ribellione è, in gran parte, una reazione contro un establishment percepito come lontano dalla realtà delle persone comuni.
Trump ha costruito la sua immagine come outsider, un difensore dei “dimenticati”, in contrasto con un’amministrazione che molti percepiscono come eccessivamente tecnocratica e distante. Questo messaggio è stato amplificato dai suoi sostenitori e da figure influenti come Elon Musk, che ha messo a disposizione la sua piattaforma social per diffondere direttamente i messaggi di Trump, senza filtri dai media tradizionali. Questo accesso diretto ha giocato un ruolo decisivo, alimentando la narrativa di un Trump perseguitato dai media mainstream e dalle istituzioni.
Un elemento apparentemente contraddittorio di questa elezione è che, nonostante i problemi legali di Trump, molti elettori hanno deciso di metterli da parte, considerando tali accuse come parte di una “caccia alle streghe” portata avanti dall’élite per impedirgli di tornare al potere. Questa percezione, sebbene controversa, si è diffusa, e molti elettori hanno visto Trump come una vittima piuttosto che come un colpevole. Questa percezione ha indebolito l’impatto delle accuse legali, suggerendo che molti americani vedano le vicende giudiziarie di Trump come un simbolo di una battaglia più ampia tra il “popolo” e le “élite”.
Nonostante i tentativi dei democratici di dipingere Trump come una minaccia per la democrazia e un “fascista”, una parte consistente di americani ha trovato queste accuse esagerate o strumentali. Piuttosto che affrontare la questione con sfumature, i critici di Trump hanno spesso usato una retorica troppo forte, finendo con allontanare potenziali elettori moderati o indecisi. La scelta della vicepresidentessa Kamala Harris come candidata ha inoltre sollevato dubbi, con molti americani che hanno visto in lei un simbolo di quell’élite liberale e progressista percepita come lontana dalle esigenze delle persone comuni. Probabilmente, l’appello a votare per lei da parte di star e divi di Hollywood multimilionari, anziché favorirla ha acuito la distanza percepita tra lei e gli elettori.
Un’altra critica mossa al Partito Ddemocratico riguarda il continuo promuovere il politicamente corretto, che, secondo alcuni osservatori, ha portato a una percezione di disconnessione dai valori della classe lavoratrice e dalle preoccupazioni quotidiane degli elettori. Questo ha reso Trump un’alternativa più autentica e vicina alle loro esigenze, rafforzando la sua presa su un elettorato desideroso di cambiamento.
In sintesi, il ritorno di Donald Trump sulla scena politica americana è un fenomeno complesso e sfaccettato, che non può essere facilmente ridotto a semplici cliché. La sua popolarità, infatti, non deriva solo dal carisma personale o dalle controversie che lo circondano, ma da una serie di fattori interconnessi che hanno trasformato la sua figura in un punto di riferimento per una vasta porzione dell’elettorato. Il suo successo è dovuto a una combinazione di fattori: un messaggio economico potente e diretto, la capacità di costruire un’ampia coalizione elettorale multietnica e l’uso dei social media per bypassare i media tradizionali. Il suo messaggio ha messo in risalto la disconnessione tra il mondo politico e le esigenze del cittadino comune. Gli elettori sono sempre più disillusi da un sistema che percepiscono come distante e incapace di rispondere alle loro esigenze. Nel contesto americano, il recente risultato elettorale rappresenta una reazione a questa distanza, rivelando un profondo desiderio di cambiamento.
Per i democratici italiani questo evento potrebbe essere un’occasione preziosa di riflessione, spingendoli a chiedersi come poter ritrovare una connessione autentica con il proprio elettorato, superando una visione autoreferenziale della politica per riavvicinarsi alle comunità, ascoltare con empatia e tradurre queste istanze in politiche concrete. Un processo di questo tipo potrebbe permettere ai democratici italiani di riconquistare la fiducia dei cittadini, riducendo quella distanza che oggi sembra allontanarli sempre più dai loro elettori.
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