Chi m’ha visto è un film del 2017, divertente ma non banale, che tratta di musica in apparenza ma invece esplora il destino dell’uomo. La fanno da padroni i due protagonisti, Beppe Fiorello nei panni di Martino Piccione e Pierfrancesco Favino in quelli di Peppino Quaglia. Favino è probabilmente in questo momento il miglior attore italiano dopo le performance nelle interpretazioni di Buscetta e Craxi. Ma anche Fiorello è un bravissimo attore e la sua maturità artistica l’abbiamo vista compiersi in questi anni, se pensate invece al suo inizio disastroso come sostituto del fratello nel Karaoke di Italia 1. Il duo è veramente irresistibile, speriamo continuino a recitare insieme.



Abbiamo diversi elementi che ci portano a sorridere in questa commedia: il cognome dei due, la gestualità e le espressioni facciali di Favino contro la sobrietà di Fiorello, la scelta delle musiche stile western, la location desolata di una piazzetta con il barbiere sfaccendato e due accoliti sempre seduti al tavolino dell’unico bar in un paese depresso, il prete argentino nerd, e la madre di Piccione attaccata alla tv con quello che ne consegue. Aggiungete il dialetto e lo slang pugliese e per uno come me che è cresciuto con foggiani e baresi il divertimento è una certezza, mentre per la mia compagna Ardea, nata nelle Tre Venezie ho dovuto mettere i sottotitoli in italiano.



Fiorello/Piccione è un chitarrista rock che lavora come anonimo turnista, cioè partecipa a progetti musicali come concerti o registrazioni, con i migliori cantanti italiani come Elisa, Negramaro, Morandi, Arisa, Jovanotti, ecc. Raggiunti i 48 anni non ha ancora sfondato come solista con il suo disco e questo lo deprime. Dopo il tour con Jova torna per alcuni giorni al suo paese nelle Murge, dove lo aspetta l’amico Favino/Quaglia sdraiato sulla sua Ape che propone il giro turistico delle colline pugliesi, dove invece non arriva mai nessun turista. Uno sfaccendato in canotta, cappello, stivaletti a punta, statico con il suo mezzo nella piazzetta del paese.



Piccione guardando la tv ha un’illuminazione, un programma della Rai simile a “Chi l’ha visto?” gli aguzza l’ingegno con l’idea di sparire per far parlare di sé l’Italia intera e così di sfondare sotto l’aspetto professionale. Il complice è chiaramente Quaglia che lo porta in un vicino paese diroccato dove per due mesi il chitarrista si nasconde.

Quaglia porta anche una bella ragazza di strada al suo amico che però rifiuta, lui ha un animo puro, per andare a letto con una donna deve esserne innamorato. Intanto i media e la tv ne fanno un caso nazionale, i cantanti vip sopraccitati mandano messaggi video, la madre va in tv e la trasmissione di punta della Rai sugli scomparsi si presenta al paesello. La conduttrice, una scafatona tipo la D’Urso, mangia la foglia dell’imbroglio e tira dalla sua Beppe che convince Martino a ritornare in scena proprio nella trasmissione tv.

Nei due mesi di eremitaggio, Martino ha riflettuto sul suo lavoro, sulla sua vita e si è anche innamorato della bella prostituta, ma al momento di scegliere tra lei e l’andare in tv per assaporare la sua notorietà, sceglie il piccolo schermo. Quasi ormai in studio scappa e lo ritroviamo su una spiaggetta in Grecia a gestire un chiosco con la sua bella che sta aspettando un bambino. Beppe Quaglia/Favino lo troviamo invece nella trasmissione di Maria De Filippi come tronista.

Esilarante in alcuni momenti, buoni i dialoghi, scivola forse un po’ verso la fine, ma vale la pena guardarlo. Perché? Perché la figura di Fiorello/Piccione è positiva, lui è un artista, con le sue fragilità e i suoi desideri di affermarsi che gli fa scegliere di combinare la sua sparizione. Ma nel momento decisivo della sua vita capisce dove sta il suo cuore e la sua ricerca di un affetto vero e non la sua carriera e comincia una nuova vita.

Conosco un non più giovane chitarrista, nato a detta di tutti con la chitarra in mano, che per campare non fa il musicista ed è sempre vissuto in uno stato di insoddisfazione per questo motivo. Ma la vita è la vita e bisogna seguirne il corso per come ci è data, coscienti che il nostro destino è in buone mani.