L’immunologa Antonella Viola torna sulla questione del vino e dell’alcol. Sostenitrice della tesi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui non vi è alcun beneficio nel consumare l’alcol, ha rilasciato un’intervista sul tema ai microfoni di Rai Radio 3, esternando una posizione forse un po’ più morbida: “Le persone che non amano bere alcolici continuino così, che è la cosa migliore mentre per chi ama bere un bicchiere di vino occorre puntare su un consumo di qualità”, un approccio quindi a metà fra la vera e propria condanna e il “nessun limite”. La dottoressa ha aggiunto: “Pochi giorni fa, sono stata a cena con un grande produttore di vino italiano e abbiamo condiviso che il futuro è nella qualità”. Secondo l’immunologa è necessario “avviare un dialogo coi produttori per ridurre le quantità di etanolo nel vino”.



“Sarebbe meglio se, tutti assieme – ha proseguito il camice bianco – riducessimo il consumo regolare, puntando a piccole quantità ma di alta qualità. Inoltre, dovremmo fare in modo di creare una bevanda sempre meno pericolosa, cioè con meno quantità etanolo, che ci dia comunque il piacere di bere qualcosa di buono preservando gli elementi del gusto, quelli culturali e della convivialità che ruotano attorno al vino”. Secondo gli ultimi dati l’Italia non è un Paese dove l’abuso di alcol è particolarmente diffuso, a differenza invece di quanto avviene ad esempio nelle nazioni del nord Europa.



BERE VINO E ALCOL, DOPO LE PAROLE DI VIOLA ECCO QUELLE DI MICHELE CONTEL

Lo ha spiegato, come si legge su Gambero Rosso, Michele Contel, segretario generale dell’Osservatorio permanente giovani e alcol. “Se i dati dicono che un decesso su 4 nelle fasce giovani dipende dall’alcol, questo è certamente un dato grave. Ma a livello globale è essenzialmente collegato alla mortalità per incidenti. Il problema va, quindi, inserito in un contesto di consumo medio che soprattutto per l’Italia è, tra virgolette, non particolarmente problematico”, aggiungendo che nel quadro italiano “l’allarme è inferiore ad altri Paesi Ue. Forse per la nostra cultura, collegata al bere moderato”.



Nel nostro Paese si tende a breve con bassa intensità ma ad alta frequenza mentre nei Paesi anglosassoni succede di fatto l’opposto “Ciò ha portato storicamente le culture mediterranee – ha evidenziato Contel – a essere tendenzialmente più attente alla gestione e all’apprendimento dell’uso dell’alcol”.