La notizia della serata (se non dell’intera giornata) è senza dubbio la rinuncia da parte di Joe Biden alla corsa elettorale contro Donald Trump: una situazione quasi senza precedenti – soprattutto considerato il poco tempo che passa da qui all’apertura delle urne e novembre – e che apre a numerosi altri dubbi, primo tra tutti chi sarà il candidato che prenderà il suo posto. Annunciando la sua (tardiva) ritirata, Joe Biden ha già espresso un suo personale endorsement per il candidato che potrebbe subentrargli: si tratterebbe di Kamala Harris, attuale vicepresidente, leggermente più su del presidente 81enne nei sondaggi – anche se forse non abbastanza da battere Trump – e apprezzata da una parte dell’elettorato democratico.
Oltre alla Harris nelle ultime settimane si sono fatti decine e decine di nomi, tra diversi governatori che godrebbero di un ampio sostegno (ma limitato allo Stato che rappresentano e quasi mai a livello generale), la ex first lady Michelle Obama e – addirittura – qualcuno ha anche ipotizzato Hillary Clinton; ma (appunto) si tratta solamente di ipotesi e per ora non c’è in realtà nessuna certezza sul candidato che subentrerà a Joe Biden.
Il candidato Dem alle elezioni post-Biden: la Harris, la convention e il nodo dei finanziamenti
Stando alla legge elettorale americana (infatti) non importa che un presidente in queste situazioni nomini o indichi un candidato – nel caso di Joe Biden, la vice Harris – perché il suo endorsement non ha un reale potere elettorale: potrebbe certamente servire per guidare il voto di qualche delegato particolarmente vicino all’81enne Dem; ma di fatto l’ultima parola spetta e spetterà sempre e solo ai 4mila delegati che prendono parte alle convention dei partiti. Non solo, perché – almeno in situazioni normali – spetta sempre ai delegati locali appoggiare l’eventuale candidato da presentare alle primarie del partito, ma il caso di Biden è singolare e l’ipotesi più accreditata è che ora verrà modificata la legge elettorale Democratica per prevedere un’apposita clausola.
A dirlo – o chiarirlo – è stato Jaime Harrison, il presidente della convention Dem che ha promesso “un processo trasparente e ordinato” che porterà a scegliere il nuovo candidato del post-Biden, sottolineando che il tutto “sarà regolato da norme e procedure stabilite dal partito” e che saranno rispettate con “serietà” da parte di tutti i delegati. Insomma: il succo è che non è ancora prevedibile – in questa fase – chi sarà il nuovo candidato che prenderà il posto di Biden e la palla ora passa in mano al partito che prenderà una decisione entro il prossimo 19 di agosto, data già fissata per l’ultima convention prima delle elezioni e durante la quale potrebbe andare in scena delle mini ‘primarie’.
Ma – come ricorda AdnKronos – c’è anche da sciogliere il nodo dei finanziamenti, perché attualmente Biden vanta un cospicuo gruzzoletto donato da diversi finanziatori per sostenere la campagna e che dovrebbe essere passato al prossimo candidato: secondo quanto ritiene il Washington Post la Harris potrebbe mettere facilmente le mani sui fondi di Biden visto che è già inserita nell’elenco – in qualità, appunto, di vice del candidato – dei beneficiari; ma la realtà è che non c’è nessun precedente che possa guidare i Dem nei prossimi (sicuramente complicati) passi.