Francesco Schiavone è un mafioso e collaboratore di giustizia, cugino di Vincenzo. Nato a Casal di Principe nel 1954, fu centrale nelle lotte di potere nel clan dei Casalesi, del quale divenne il leader dopo l’omicidio di Mario Iovine, boss e braccio destro del fondatore del clan. Inizialmente il suo apporto era limitato: era autista e guardia spalle di Umberto Ammaturo. Nel 1972, appena diciottenne, finì in carcere per la prima volta per detenzione e porto abusivo di arma da fuoco. Una volta uscito venne coinvolto in alcune guerriglie tra clan camorristici che portarono a diverse vittime.
A farlo diventare un boss mafioso fu Antonio Bardellino, che ne intuì le potenzialità. Dopo la morte di Antonio Bardellino in Brasile, a capo del clan si insediò la coppia composta proprio da Francesco Schiavone e Iovine. Nel frattempo il boss, detto “Sandokan”, era fuggito all’estero: una fuga che terminò nel 1989, quando fu arrestato vicino a Lione dopo un’indagine durata tre mesi. Nell’aprile 1990 il tribunale di Santa Maria Capua Vetere dispose la scarcerazione per decorrenza dei termini e il mafioso tornò in libertà.
Francesco Schiavone “Sandokan” e l’arresto nel 1998
Dopo essere tornato in libertà, Francesco Schiavone, detto Sandokan, riprese il comando dei Casalesi. Nel 1991 Mario Iovine fu ucciso dagli uomini di De Falco. Dopo la morte del compagno, il potere fu concentrato nelle sole mani del boss, che divenne così capo assoluto dei Casalesi. “Sandokan” fu arrestato l’11 luglio 1998 a Casal di Principe, in un bunker sotto un appartamento. L’uomo uscì dal tunnel con in braccio una delle due figlie: lì sotto erano nascosti non solo il boss e le figlie ma anche la moglie, Giuseppina Nappa e il cugino. Nel bunker furono ritrovati i fucili e alcuni dipinti realizzati dal mafioso.
Francesco Schiavone fu condannato all’ergastolo il 9 luglio 2004 dalla Corte di Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta del pm Marino, per l’omicidio di Saverio Ianniello. Un’altra condanna arrivò nel giugno 2008 nel corso del processo Spartacus presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: con Sandokan lui furono condannati anche altri membri del clan dei Casalesi come Francesco Bidognetti e Antonio Iovine e Michele Zagaria. Francesco Schiavone venne poi trasferito nel carcere di Opera al 41bis. Il 15 gennaio 2010 fu confermata in via definitiva dalla Cassazione la condanna all’ergastolo per Schiavone. Nel marzo 2024, dopo quasi 26 anni di carcere, ha scelto di collaborare con la giustizia.
Chi è Vincenzo Schiavone, boss detto “O’ copertone”
Non solo Francesco Schiavone. Nel 2011 la polizia ha arrestato anche Vincenzo Schiavone detto ‘O’ copertone’, all’epoca 38enne considerato il “cassiere dei Casalesi”. L’uomo era stato trovato in una clinica in provincia di Avellino e messo in manette per vari reati tra cui associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione pluriaggravata, ricettazione e non soltanto. Cugino di “Sandokan”, Vincenzo Schiavone secondo gli inquirenti annotava gli “stipendi” che venivano pagati ai mafiosi e registrava le entrate come quella del pizzo. L’uomo è morto pochi mesi dopo l’arresto per via di una malattia.
Al contrario del cugino, Vincenzo Schiavone non ammise mai le sue colpe. Quando Peppe Diana, prete di Casal di Principe, venne ucciso nel 1994, Francesco Schiavone Sandokan era ancora in libertà e controllava il clan dei Casalesi. Così, dopo la notizia del suo pentimento e della scelta di collaborare con la giustizia, Augusto Di Meo, testimone oculare dell’omicidio del parroco, ha dichiarato: “Dovrebbe chiedere perdono a tutti i cittadini di Casal di Principe e a tutta quella gente che ha fatto piangere, umiliato e offeso con la violenza delle armi”. Anche Marisa, sorella di Don Diana, prendendo parola dopo la notizia ha affermato che “anche i boss hanno una coscienza”.