Piero Chiambretti, celebre comico, autore e conduttore televisivo, si è raccontato sulle pagine del quotidiano La Stampa, in occasione dell’evento promosso dalla redazione torinese, “La Stampa è con voi”. “Sono nato ad Aosta”, racconta, “diciamo una foresteria, però Torino è sempre stata centrale nella mia vita. Ho per lei un amore eterno, non sono monarchico ma la considero ancora la capitale d’Italia. E il Re l’avvocato Agnelli, a cui dobbiamo l’aver ospitato le Olimpiadi”.



In apertura della sua intervista, Piero Chiambretti ci ha tenuto a ricordare Silvio Berlusconi, sottolineando proprio che “in questi giorni in molto mi hanno chiesto un ricordo. Io però non l’ho mai incontrato, ci siamo giusto sentiti un paio di volte“. Ricorda, infatti, che “la prima fu nel 1990. Mi propose di lavorare per Fininvest”, ma lui rifiutò cordialmente, seguendo la sua indole militante. “La seconda”, continua Piero Chiambretti, “era la notte di Natale dell’anno in cui sono entrato a Mediaset”. Parlando, invece, dell’esperienza a Rai 3 con Angelo Guglielmi, sostiene senza troppi peli sulla lingua che “credo siano stati gli otto anni migliori della tv europea”, tra i pochi esempi di televisione che “non era condizionata dal consenso, che spesso non è sinonimo di qualità”.



Piero Chiambretti: “La tv è lo specchio di una realtà che non funziona”

Ben differente, invece, è l’opinione di Piero Chiambretti sulla televisione moderna, della quale parla come “lo specchio rotto della realtà. Non ci può essere una tv confetto in una realtà pessima come questa. Anzi, il servizio pubblico dovrebbe migliorare quello che fuori non funziona”. Situazione ben diversa dalla realtà odierna, in cui “l’unica legge sono i dati d’ascolto” con “conduttori scelti in base al numero di follower”.

Una scelta che per Piero Chiambretti, “è un controsenso, perché chi guarda la televisione non ama il virale, chi è attivo sui social spesso detesta la tv”. Passando, invece, alle polemiche che si sono raccolte attorno all’emittente pubblica nell’ultimo periodo, sottolinea che “la Rai è sempre stata lottizzata. Credo sia nata prima la lottizzazione che la Rai” e su Fabio Fazio sostiene di non capire “cosa c’entra il libero pensiero. È uno che ha scelto di andare altrove a guadagnare tre volte tanto perché nella Rai cosiddetta fascista”, sostiene Piero Chiambretti, “gli veniva proposto un contratto più basso. Più che libero pensiero, libero mercato. Se uno è davvero così militante accetta di ridursi lo stipendio e rimane in Rai”.