Abusi e pressioni psicologiche sulle atlete, Chiara Chillemi racconta la sua storia. Studentessa di danza classica dal 2010 al 2015 presso la prestigiosa Accademia nazionale di danza di Roma, a La Repubblica rivela che “l’esplosione del caso nella ritmica mi ha spinto ad aprirmi. Perché tutti sappiano”. Anche in questo mondo, infatti, “il peso è il tarlo che ti mettono in testa”. Chiara Chillemi, che ha iniziato a frequentare l’Accademia all’età di 10 anni, ricorda che “ci valutavano con uno sguardo. E con l’età dello sviluppo le cose sono andate anche peggio”. A partire dal seno che “era diventato un problema. Le più formose venivano fasciate per nasconderlo e perché credevano che fasciarlo avrebbe impedito il suo sviluppo”.



Io ero una bambina già sottopeso – racconta Chiara Chillemi – ma avevo un quadricipite da sportiva. La mia insegnante iniziò a tartassarmi, voleva che dimagrissi a tutti i costi”. Da lì la spirale verso lo spettro dell’anoressia, della guerra con il proprio corpo di adolescente: “a mensa prendevo il minimo indispensabile, sempre insalata – confessa a La Repubblica – Una delle insegnanti, che girava tra i tavoli per spiare nei nostri piatti, una volta mi disse ‘brava’. Andavo al bagno e sentivo le ragazze vomitare”. E anche lei, “quando non sono più riuscita a dimagrire ho iniziato provocarmi il vomito”.



Chiara Chillemi, “nel mondo della danza sei chiuso in una bolla”

L’ingerenza delle insegnanti nella vita delle ballerine, descritta a la Repubblica da Chiara Chillemi, non si è limitata “soltanto” all’ossessione per il peso e all’odio delle giovanissimi allieve per il loro peso. “A una mia compagna l’insegnante disse che avrebbe dovuto fare s*sso con il suo partner di passo a due per rendere più empatico il balletto” svela. Mentre “un’altra insegnante mi fece intendere che forse era arrivato il momento per me, il momento che avessi rapporti sessuali. Mi alterai verso di lei e le dissi ‘ma come si permette?’”.



Una situazione che Chiara Chillemi lascia infine nel 2015, dopo 5 anni. “Ho ancora oggi delle cisti ovariche che attenuo con la pillola anticoncezionale” ammette. E ribadisce con forza che “nel mondo della danza sei chiuso in una bolla che è un focolaio di malattie fisiche e psicologiche. Ma una ballerina, o un’atleta, non può crescere come un malato di mente”. Per lei “l’arte deve elevare lo spirito, non affossarlo” e, dopo anni di psicoterapia e di cure con ansiolitici e antidepressivi, oggi sta affrontando la specializzazione in nutrizione e dietologia clinica affinché qualcosa possa concretamente cambiare.