Non si placano ancora le polemiche attorno all’elezione di Chiara Colosimo a presidente della Commissione Antimafia. I parlamentari dell’opposizione sono usciti dall’Aula prima del voto, in segno di protesta. «Diciamo che hanno qualche motivo per avercela con me», commenta a Libero. L’esponente di Fratelli d’Italia ritiene di essersi fatta «molti nemici intorno» in questi anni. Ad esempio, con l’interrogazione parlamentare sul rifornimento di mascherine di Zingaretti nella Regione Lazio. «Non ci facevano accedere ai server per controllare le determine. Appena ci riuscii mi accorsi di tre determine affidate ad una piccola società. A capo alla stessa società risultavano due revoche per inaffidabilità dovute alla mancata consegna dei Dpi. A questa società venne dato un anticipo di 14 milioni di euro», racconta Colosimo nell’intervista. Dopo aver chiesto chiarimenti, Zingaretti replicò parlando di fake news, «e decise di rinnovare i contratti revocati alle due determine». Ma la Corte dei Conti chiese spiegazioni e ora c’è un’inchiesta su questa vicenda.
Dunque, Chiara Colosimo ritiene di essere scomoda per il Pd. Lo dimostra anche il caso Allumiere, dove furono assunte 107 persone in un concorso, anziché cinque. «Casualmente tutti coloro che passarono la prova erano legati a due partiti: Pd e M5s. E ovviamente ne chiesi conto». Quella vicenda portò alla nascita in Italia della Commissione Trasparenza e pubblicità, che le fu assegnata, per indagare sui concorsi. «Io mi auguro, e lo dico molto serenamente, che i colleghi la smettano con queste polemiche, non solo perché la mia storia parla per me, ma anche perché io non ho scheletri. Sono nata nel 1986 ed è impensabile che io possa avere delle responsabilità stragiste».
COLOSIMO E LE POLEMICHE PER LA FOTO CON CIAVARDINI
I detrattori dell’opposizione di Chiara Colosimo la criticano per la sua presunta vicinanza con l’ex terrorista Ciavardini. «Durante il mio primo mandato 2010/2013, visitai regolarmente istituti penitenziari. Come da dettato costitutivo esistono delle associazioni che si occupano della parte rieducativa della pena e del reinserimento dei detenuti nel mondo lavorativo». In quell’ambito, spiega la nuova presidente della Commissione Antimafia, conobbe Ciavardini, «che aveva un’associazione gestita da sua moglie che si occupava di tutte le attività ludico ricreative all’interno del penitenziario romano di Rebibbia». Nell’intervista a Libero ci tiene a precisare «che la Regione, alle associazioni, compresa Gruppo Idee che faceva capo a Ciavardini, finanziava questo tipo di iniziative». La sua nomina è avvenuta a 31 anni dalla strage di Capaci, quindi all’epoca lei era una bambina. «Giovanni Falcone, sua moglie e la sua scorta, per la lotta alla criminalità organizzata hanno dato la vita. E se oggi noi abbiamo alcune libertà e non rischiamo più attentati o stragi come quella di Capaci, è grazie a lui, che ha avuto il coraggio di lottare fino all’ultimo respiro».