Chiara Ferragni, gli avvocati stanno preparando la difesa per chiedere l’archiviazione delle accuse di truffa per i casi pandoro Balocco “Pink Christmas” e Uova di Pasqua “Dolci Preziosi”. Entro dicembre, in tempo utile per la presentazione dei documenti, verranno depositate le carte nelle quali la memoria difensiva proverà a dimostrare che ci sono i presupposti per archiviare in particolare il reato contestato della truffa aggravata nell’ambito dell’operazione di beneficenza legata ai prodotti pubblicizzati. Come hanno dichiarato i legali al Corriere della Sera, prima della richiesta del rinvio a giudizio, dovranno essere chiariti i motivi per i quali questi casi non sono di rilevanza penale per l’imprenditrice imputata.



Principalmente perchè, come è stato anticipato, la Ferragni si è già impegnata a risarcire l’Autorità garante per il mercato e la concorrenza, rispettivamente per le due controversie avviate con un pagamento già avvenuto di un milione di euro per lo scandalo pandoro e di 1milione e 200mila euro per le Uova di Pasqua ancora da versare. Questo secondo gli avvocati può essere già sufficiente a stabilire una risoluzione della questione senza avanzare ulteriori procedimenti.



Chiara Ferragni, avvocati chiedono archiviazione accuse per truffa: “Con il pagamento all’Antitrust la questione è conclusa”

Dopo la conferma della sentenza che ha condannato Chiara Ferragni e Balocco per pratica scorretta e truffa aggravata nei casi Pandoro Balocco e Uova di Pasqua Dolci Preziosi, gli avvocati preparano una memoria difensiva da depositare prima del rinvio a giudizio. Anche se nei termini stabiliti dei prossimi 20 giorni, come hanno dichiarato dalla difesa, sembrerebbe escluso che qualcuno tra gli indagati possa chiedere di essere di nuovo interrogato,  l’intenzione sarà quella di chiedere l’archiviazione delle accuse perchè non sono più di rilevanza penale.



In particolare l’inchiesta conclusa con l’ipotesi del reato di truffa nei confronti della Ferragni e dei suoi collaboratori aveva evidenziato un ingiusto profitto derivato dalla vendita pubblicizzata come beneficenza che avrebbe fruttato all’imprenditrice più di 2milioni di euro e contemporaneamente danneggiato i consumatori. Il guadagno, secondo quanto stabilito dai Pm sarebbe stato ottenuto con metodi scorretti ed ingannevoli, producendo oltre all’introito in denaro anche un positivo ritorno di immagine per l’influencer, proprio legato all’iniziativa commerciale di solidarietà.