Chiara Ferragni ha scherzato in conferenza stampa sul fatto che ogni cosa che dica o faccia diventa motivo di polemica, ma va detto che quel tipo di reazioni forti lei sa costruirle, quasi a cercarle e per ciò che vuole dire va bene così.

Il suo momento monologo per esempio, Chiara Ferragni, lo introduce entrando in scena con un vestito su cui è disegnato il suo corpo nudo, nuda senza esserlo, abbastanza roboante da suscitare la reazione della sala stampa e dell’Ariston. Il messaggio, quello che ha condotto tutta la sua prestazione e i suoi outfit, è legato alla libertà del corpo, alla fierezza dei propri difetti e al non doversi vergognare di niente e quel messaggio lo rivolge in primis a sé stessa, leggendo una lettera in cui la Chiara adulta si rivolge alla Chiara bambina e ragazzina e condensa con un’emotività costante e ricercata e non temperata, non essendo attrice, i discorsi femministi che da sempre porta avanti nei suoi canali social.



Chiara Ferragni: marketing mascherato da femminismo?

La libertà del corpo femminile, la libertà dell’animo, la difficoltà di una donna nel vedere riconosciuti i propri spazi sociali, culturali, professionali, tutti i possibili stigmi che il solo essere donna reca con sé e che sono ancora parte del sistema sono condensati nei minuti di lettura che sembrano didattici e didascalici, ma è giusto essendo ragazze le destinatarie del messaggio.



Piuttosto che il sacrosanto messaggio è più interessante allora il rapporto con sé stessa, l’indulgenza e la speranza, il modo in cui Ferragni sceglie di raccontare il proprio percorso mostrandolo al germe di sé; e ancora di più, il rapporto emotivo che con quella bambina cerca di instaurare, privo dei rimpianti che gli sguardi al passato portano con sé, ma ricco di affetto, dolcezza. È interessante, però non bello, non davvero emozionante, perché da un discorso simile si avverte il grande limite di ogni uscita dell’imprenditrice fuori dal suo ambiente social, che siano i film, la docu serie o un monologo a Sanremo: tutto sembra fare parte, o almeno pare, di un progetto di auto-marketing colossale, concepito per mettere in mostra il marchio Ferragni, illustrarne il successo, instillare in chi ascolti la voglia di imitare un modello così pregiato. Ecco che dal femminismo comunitario al neo-liberismo solitario il passo si fa breve.