Chiara Ferragni ‘come’ Joker: Selvaggia Lucarelli smonta l’indignazione per la copertina de L’Espresso

Dall’intervista da Fabio Fazio a Che tempo che fa alla recente copertina de L’Espresso; continua il dibattito sulle vicende private e pubbliche di Chiara Ferragni soprattutto in queste ore. L’influencer è stata posta in copertina dal quotidiano in versione “Joker”, tanto è bastato per scatenare l’indignazione dei fan e non solo a prescindere dalle argomentazioni e dallo scopo della scelta stilistica.



Controcorrente rispetto alle critiche ricevute da L’Espresso per la copertina di Chiara Ferragni in versione “Joker” è da segnalare il pensiero di Selvaggia Lucarelli affidato alla piattaforma social “X”. La giornalista ha spiegato come la scelta stilistica non sia affatto nuova, sottolineando come – a suo giudizio – l’ondata di indignazione sia piuttosto fuoriluogo. “Quella copertina non affossa. Sancisce il fatto che Ferragni sia una donna di grande potere e che come tale subisca gli effetti della caduta conquistandosi copertine irriverenti, amare, sarcastiche”.



Selvaggia Lucarelli: “Ecco qual è l’unica colpa del giornalismo…”

Selvaggia Lucarelli – sempre a proposito della copertina dedicata da L’Espresso a Chiara Ferragni in versione “Joker” – ha scritto su X: “… Fino a ieri, quando c’era solo da celebrarla, si è parlato di Ferragni come imprenditrice di successo, fenomeno, donna più influente nella moda per Forbes, unica vera opposizione al governo, Oppenheimer e via dicendo. Oggi ci sembra strano che venga trattata esattamente come viene trattato il potere quando il potere si schianta su vanità e ingordigia (o fraintendimenti)”.



La “staffilata” di Selvaggia Lucarelli ai detrattori de L’Espresso dopo la copertina dedicata a Chiara Ferragni è poi proseguita. “Se io fossi Chiara Ferragni, oggi, tra la copertina versione Joker e la vostra difesa infantile come fossi la piccola fiammiferaia mi sentirei più offesa dalla seconda”. La giornalista ha poi concluso. “La verità è che non capite nulla né di potere né di giornalismo. Se il giornalismo ha una colpa in questa storia è stata quella di non aver mai occupato lo spazio intermedio tra il successo e la caduta. Ovvero quello dell’analisi e della critica, in parole povere: dei fatti”.