Anche Fabio D’Amato, manager di Chiara Ferragni e suo stretto collaboratore, è indagato per truffa aggravata per i casi pandoro e uova di Pasqua nell’inchiesta della procura di Milano. È quanto emerge dal provvedimento della procura generale della Cassazione, firmato firmato dal sostituto pg della Cassazione Mariella De Masellis, in relazione alla competenza territoriale a indagare. Come riportato dall’Ansa, nel provvedimento si legge anche che secondo la procura di Milano il «profitto» delle presunte truffe contestate all’influencer è «consistito anche nel rafforzamento mediatico dell’immagine della influencer», in quanto l’imprenditrice ha guadagnato anche «dal crescente consenso ottenuto veicolando una rappresentazione di sé strettamente associata all’impegno personale nella charity», cioè nella beneficenza.
Quindi, per gli inquirenti, spiega il Messaggero, i consumatori che hanno acquistato il pandoro Balocco pubblicizzato da Chiara Ferragni «sono stati indotti in modo ingannevole» all’acquisto con un «duplice danno»: la «lesione della libertà contrattuale e di autodeterminazione del cliente», perché hanno effettuato una compravendita che, «in assenza di un messaggio pubblicitario manipolatorio della realtà, non avrebbe effettuato», sia «nella diminuzione del patrimonio» per l’acquisto di un prodotto «a prezzo maggiorato», non trascurabile considerando «la totalità degli acquirenti su tutto il territorio nazionale». (agg. di Silvana Palazzo)
CHIARA FERRAGNI, CASO PANDORO: RISOLTO CONFLITTO DI COMPETENZA
Risolto il conflitto di competenza sul caso Chiara Ferragni e “pandoro gate“: sarà la procura di Milano a indagare. Lo ha deciso la procura generale della Cassazione, visto che l’ufficio milanese e i colleghi della procura di Cuneo, dove ha sede Balocco che produce i pandoro, aveva sollevato il conflitto di competenza territoriale. Dunque, il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, a capo del dipartimento antitruffe della procura meneghina, che ha effettuato i primi accertamenti col Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, può portare avanti l’inchiesta, che si era fermata infatti in attesa della decisione della Cassazione.
Questa si basa sul fatto che i contratti relativi all’iniziativa commerciale sul pandoro tra le società di Chiara Ferragni e Balocco sono stati firmati a Milano. Per i giudici della Suprema Corte non vale il criterio del luogo in cui è stato consumato il reato, in quanto gli acquirenti del pandoro sono sparsi in tutta Italia, e nemmeno il luogo di residenza degli indagati.
PER PROCURA DI MILANO C’È IL “MEDESIMO DISEGNO CRIMINOSO”
Il primo filone d’indagine, in cui sono indagati per truffa aggravata Chiara Ferragni e l’imprenditrice Alessandra Balocco, riguarda il pandoro “Pink Christmas”, ma l’influencer è indagata anche per la sponsorizzazione alle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e per il caso della bambola Trudi. L’inchiesta era partita dopo l’istruttoria e la multa da un milione di euro dell’Antitrust sulla campagna benefica del pandoro. Per l’Autorità garante della concorrenza, l’iniziativa fu una pratica commerciale scorretta in quanto indusse i consumatori a ritenere che il ricavato delle vendite del pandoro avrebbe finanziato l’acquisto di un macchinario per l’ospedale Regina Margherita di Torino.
Il contributo però fu versato da Chiara Ferragni già prima delle vendite, nel maggio 2022, ma lei aveva già incassato quello che le dipendenti della Balocco definivano nelle mail interne un «cachet esorbitante». Per la procura di Milano, il caso Balocco è legato a quello delle uova di Pasqua di Dolci Preziosi e della bambola Trudi dal «vincolo della continuazione». Viene ipotizzato, infatti, un «medesimo disegno criminoso» nella condotta di Chiara Ferragni. Ma la decisione della Cassazione riguarda solo il caso pandoro, in quanto sugli altri due filoni d’indagine non sono emersi conflitti di competenze come quello che si è creato con la procura di Cuneo.