Nuovi guai per Chiara Ferragni (non solo per le nuove accuse sulle uova di Pasqua), perché il caso Balocco è arrivato alla procura di Milano. L’esposto presentato dal Codacons e dall’associazione utenti dei servizi radiotelevisivi Assourt sul noto caso del pandoro “griffato” è finito sul tavolo del procuratore di Milano Marcello Viola. Stando a quanto riportato dall’Ansa, gli inquirenti sono tenuti ad aprire un fascicolo per poi eventualmente disporre i necessari accertamenti sulla vicenda. La procura di Milano, dopo aver visionato i contenuto dell’esposto, che ipotizza il reato di truffa, dovrà poi decidere quale modello di fascicolo aprire. Il procuratore dovrà valutare se aprire un modello 45, senza ipotesi di reato né indagati, un 44 con ipotesi di reato, ma senza indagati, o un 21 con ipotesi di reato e indagati.
L’agenzia di stampa riferisce che probabilmente all’inizio il fascicolo potrebbe essere iscritto o a modello 45 o 44. L’esposto di Codacons e Assourt si concentra sulla campagna promozionale del pandoro griffato Chiara Ferragni, sostenendo che «tutti i messaggi veicolati al pubblico per presentare l’iniziativa benefica sono stati realizzati associando le vendite del pandoro al reperimento dei fondi utili alla donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino, pur nella consapevolezza che la donazione era stata fatta mesi prima dell’inizio delle vendite» del pandoro stesso.
ESPOSTO CODACONS E ASSOURT DOPO MULTA ANTITRUST
Non solo la maxi multa dell’Antitrust, oltre agli attacchi e le polemiche. Ora per Chiara Ferragni si apre il fronte Codacons, che aveva annunciato esposti in 104 procure italiane «per rispondere del possibile reato di truffa aggravata, con la richiesta di porre sotto sequestro i conti delle sue società a tutela delle azioni di rivalsa da parte dei consumatori che hanno acquistato il pandoro ‘griffato’». L’associazione auspica l’apertura di un’indagine sulla base dell’art. 640 del Codice penale, secondo cui «chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032», pena che sale fino a 5 anni di carcere nel caso di aggravanti.
Il Codacons chiedeva poi «alla Guardia di Finanza di porre sotto sequestro i conti delle società legate all’influencer, allo scopo di garantire le azioni di rivalsa dei consumatori che hanno acquistato il pandoro incriminato». Il Codacons aveva definito «gravissimo sfruttare un tema delicato come i bambini malati di cancro e la beneficenza per attività commerciali tese unicamente a determinare guadagni per società private».