«Chiara voleva stare con me, ma io non la sopportavo più, mi infastidiva e l’ho uccisa». Così il killer di Chiara Gualzetti, la 16enne di Monteveglio scomparsa e poi trovata morta. L’assassino ha ribadito più volte di sentire delle voci. «In quel momento Samael, il demonio, mi possedeva. Lo vedevo, mi chiamava: sentivo le voci», le parole riportate da La Stampa. Poi ha fatto riferimento ad una serie tv: «Ero posseduto proprio come Lucifer della serie di Netflix. Io mi ispiro a Lucifer». Samael, infatti, è il nome dell’angelo della morte nella serie tv. Per il legale della famiglia di Chiara Gualzetti, però, «non c’è follia». Dalla ricostruzione degli eventi sarebbe emersa «una persona che ha la lucidità di cancellare le chat, di tornare a casa e di rispondere al cellulare come se nulla fosse accaduto». Tutto ciò «è poco compatibile con la follia». Prima dell’udienza di convalida del fermo del ragazzo, che è stato interrogato al Tribunale dei minori di Bologna, la madre ha detto: «Sono ancora in una bolla». Nelle prossime ore è attesa una decisione da parte del gip. Al 16enne, indagato per l’omicidio della coetanea, è contestata la premeditazione. Intanto è stata richiesta una perizia psichiatrica per accertarne la lucidità mentale. Ma per il legale della famiglia di Chiara Gualzetti la premeditazione «non è da sottovalutare». Quindi, ha nominato dei consulenti, un anatomopatologo e un medico legale.



Ha richiesto che venga accertata «la violenza, la profondità e le modalità con cui è stato inferto il colpo, perché ogni colpo ci può dire qual è l’atteggiamento psicologico del soggetto, cioè l’efferatezza, se è stato un colpo inferto con violenza, componente che aggancia un aspetto importante dal punto di vista tecnico, che è la contestazione di una condotta di maggiore rilievo rispetto a una persona che infligge un colpo in modo normale».



IL PAPÀ DI CHIARA “DEMONI? NON CI CREDO”

L’assassino ha dichiarato anche che Chiara Gualzetti avrebbe nutrito nei suoi confronti un interesse che lo infastidiva e ha riferito di un messaggio in cui la ragazza diceva che se fosse morta non sarebbe mancata a nessuno, quindi il killer si sarebbe offerto di darle una mano. Ma il padre di Chiara non crede alla versione su voci e demoni. «Lo conosco il ragazzo, ha fatto uno stage con me (come elettricista, ndr): non ha mai dimostrato demoni, sarà forse uno dei primi alibi che si sta creando. Io non vorrei che mia figlia fosse morta per niente e che non abbia giustizia». Vincenzo Gualzetti ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alle ricerche della figlia Chiara, trovata il giorno dopo la sua scomparsa. L’uomo è affranto: «Diciassette anni fa ho lasciato Napoli con mia moglie perché mia figlia nascesse qui, volevo crescesse in un posto sicuro per il suo futuro e ora non mi rimane niente: lei non ha più futuro e io non ho nessun futuro senza di lei». Lo zio della ragazza si è lasciato sfuggire qualcosa in più, come riportato da Il Giorno: «È venuto a prenderla e sono saliti insieme. Chiara ha detto “dieci minuti e torno”. Si è allontanata con l’omicida e questo dimostra la fiducia che lei riponeva nelle persone: si è fidata di chi non doveva».



“IL RAGAZZO SI TAGLIAVA LE BRACCIA COL TEMPERINO”

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, domenica mattina alle 10 si sono incontrati, infatti la telecamera sulla casa della famiglia li ha inquadrati. Poi sono andati verso i sentieri che salgono verso l’Abbazia di Monteveglio, dove Chiara Gualzetti è stata trovata morta il giorno dopo. Lui si era portato il coltello da casa, dopo averla ammazzata ha cancellato le ultime chat. Ai carabinieri, che hanno trovato anche i vestiti sporchi di sangue, ha consegnato le scarpe calzate quel giorno e li ha portati nel punto esatto in cui ha lanciato il telefono di Chiara nel fiume. Secondo una professoressa del ragazzo soffriva la separazione dei genitori. «Si tagliava le braccia con il temperino, aveva attacchi di rabbia e non voleva studiare». Sostiene inoltre, come riportato da La Stampa, che avesse bisogno di cure. Il ragazzo aveva abbandonato la scuola e i servizi sociali lo seguivano per le condizioni di estrema povertà della sua famiglia. C’erano stati anche incontri con uno psicologo. «È stata una confessione apatica», ha affermato un investigatore che ha assistito all’interrogatorio. «Il ragazzo non ha detto nulla per cercare di difendersi. Non sembrava uno che voleva fare il pazzo, sembrava un ragazzo squilibrato».