Chico Forti non ne può più. Lo sconforto dell’ex velista e produttore televisivo condannato all’ergastolo negli Stati Uniti d’America per il presunto omicidio di Dale Pike, avvenuto a Miami il 15 febbraio 1998 e relativamente al quale il nostro connazionale si è sempre dichiarato innocente, è stato testimoniato ai microfoni dell’agenzia stampa Adnkronos dallo zio, Gianni Forti, che ha sottolineato come sei mesi di tempo tra l’annuncio del suo trasferimento e l’esecuzione di quest’ultimo “ci sembravano più che sufficienti per superare gli eventuali ostacoli burocratici”.
Invece, questa tragedia familiare, oltre che giudiziaria sembra non avere mai fine. Nessuno ha più fatto sapere nulla alla famiglia di Chico da quando, lo scorso 23 dicembre, Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ne ha annunciato il trasferimento in Italia. Stando a quanto riporta l’agenzia, ci sarebbe una fase d’impasse relativa ai documenti che il dipartimento della giustizia degli USA avrebbe dovuto inviare al nostro ministero della Giustizia al fine di raggiungere un’intesa attorno alla commutazione della pena, visto e considerato che l’ergastolo senza condizionale a cui è stato condannato Forti dall’altra parte dell’Atlantico non gode di un omologo nell’ordinamento nostrano.
CHICO FORTI SOGNA L’ITALIA, LO ZIO: “SIAMO FERMI AL PALO”
In merito all’annosa vicenda che vede coinvolto Chico Forti, lo zio dell’uomo, Gianni, ha voluto riportare l’attenzione sul caso, affinché non finisca nuovamente nel dimenticatoio. All’Adnkronos ha asserito: “Senza questi documenti, che avrebbero dovuto essere spediti da tempo, Chico non può rientrare in Italia. Lo aspettavamo il 14 febbraio per il compleanno della mamma che ha compiuto 93 anni, poi a Pasqua, infine a maggio. Invece, ancora niente. Restiamo fermi al palo”. La cosa che più turba lo zio di Chico Forti è che quest’ultimo ormai da mesi attende la buona notizia, che ancora non arriva ed è “ormai allo stremo, sfinito. È sempre stato un combattente, ma a tutto c’è un limite. Con la pandemia, poi, ci sono stati problemi di comunicazione, vive in uno stato di quasi isolamento”. L’obiettivo, insomma, è chiaro e preciso: occorre trovare il modo di fare rientrare Chico in Italia il prima possibile, per il suo benessere fisico e psicologico. Lo zio Gianni ricorda di avere parlato con sette diversi ministri e di essersi sentito rispondere ogni volta che il caso di suo nipote rappresentava una vera e propria priorità per il Governo, salvo poi restare chiuso in un cassetto. “La nostra famiglia ha provato cocenti delusioni perché ogni volta che il traguardo sembrava ormai a un passo cambiavano governi e interlocutori e si ricominciava da capo”: è ora di invertire il trend.