Nel bell’articolo pubblicato sul Sussidiario lo scorso 2 marzo, l’autore Paolo Vites ha dato la notizia in anteprima della preparazione di un vinile contenente una sorta di “greatest hits” delle canzoni di Claudio Chieffo. Il rapporto con il supporto fisico veicolo per far conoscere le proprie canzoni, per Chieffo, è sempre stato piuttosto tormentato: la sua indubbia capacità creativa nel coinvolgere l’ascoltatore, affidandosi al contatto “carnale” degli innumerevoli concerti richiesti dalle comunità del movimento ecclesiale di appartenenza, era il canale prioritario di occasione di incontro e testimonianza attraverso la sua musica, affinché diventasse memoria di una nuova tradizione orale e popolare. <Inoltre, durante tutta la sua vita artistica visse una riluttanza a un’eventuale chiamata dell’industria musicale, conscio che avrebbe dovuto lottare per non sottostare agli inevitabili compromessi del meccanismo promozionale. Per non dilungarsi su questi aspetti, vi rimandiamo alla lettura, oltre che dell’articolo sopra citato, anche all’introduzione (sempre dello stesso Vites) del “definitivo” libro curato da Paola Scaglione per Edizioni Ares, “La mia voce e le tue parole – Claudio Chieffo, una lunga storia di musica e poesia”.
In quegli anni i dischi di Chieffo sono stati sempre la sintesi di ciò che viveva sui palchi dei concerti (vere e proprie feste), quando, tra la seconda metà dei ’70 e la prima degli ’80, spesso si affidava all’accompagnamento di una band fatta da amici, alcuni “freschi” di Conservatorio, appassionati conoscitori del suo catalogo musicale; tutti amici vicini alla sua esperienza cristiana, capaci di attirare anche chi venisse da esperienze diverse, come vedremo poi, proseguendo il racconto.
Chi scrive questo articolo fu entusiasta spettatore di un coinvolgente e partecipatissimo concerto nell’anno 1981 al Centro San Fedele a Milano (alla finale “Lui mi ha dato” la sala esplose come una piccola Woodstock). Chieffo & Band avevano già pubblicato “La casa” (1977) e l’anno dopo avrebbero licenziato un altro LP, sempre con l’etichetta “I dischi dell’ippopotamo”.
È nell’estate del 1987 che viene pubblicato l’album che segna una importante tappa nella discografia del cantautore forlivese. Titolo: “Chieffo & piano”.
Copertina completamente nera con il titolo in negativo, niente più, quasi a far pregustare ai suoi ascoltatori la sorpresa per l’importante novità. Diversi brani contenuti nella tracklist sono inediti, e hanno una importante particolarità: sono realizzati solo voce e piano.
Per il pubblico fedele e conoscitore della produzione di Chieffo il risultato è decisamente straniante: ascoltarlo cantare in piena solitudine con il solo accompagnamento di un pianoforte sarà occasione di perplessità. L’esperimento è indubbiamente rischioso, c’è chi affermerà che la voce di Chieffo non fosse adeguata a queste sonorità; eppure il risultato è assolutamente di livello e la sua voce acquista sfumature drammatiche, commoventi e ritmiche, sconosciute fino a quel momento.
Ma non è solo merito del cantautore; il produttore Massimo Bernardini chiama a suonare la tastiera classica un musicista avvezzo ad altri ambienti discografici. Si tratta di Mark Harris: tastierista e arrangiatore statunitense, classe 1955, arriva in Italia in piena contestazione sessantottina; comincia la sua attività artistica collaborando col gruppo partenopeo di Edoardo Bennato, pochi anni dopo a Milano incontra l’ambiente musicale di Gaber e Jannacci (suoi sono gli arrangiamenti degli JaGa Brothers); dà vita a uno dei più effervescenti ensemble musicali italiani, i Napoli Centrale. Il Fabrizio De André post rapimento gli affida la regìa dell’album con in copertina il pellerossa e degli ultimi concerti prima della morte.
È nel 1987 che incontra Claudio Chieffo e gli viene proposta la realizzazione del disco che per il cantautore forlivese sarà una vera sfida. Sfida, come dicevamo, vinta alla grande; le canzoni, alcune inedite hanno come temi i rapporti familiari; un paio sono dedicate ad altrettanti colleghi del panorama cantautorale italiano: Guccini e De Gregori (“La nave” è una puntuta critica alla visione marxista de “La storia” degregoriana, critica che oggi, probabilmente, verrebbe accettata anche dallo stesso cantautore romano), si aggiungono altri brani di pregevole fattura, tra i quali l’inno di Parsifal scritto appositamente per il Meeting di Rimini del 1985.
Harris riveste i brani da par suo, mettendo a proprio agio la vocalità di Chieffo con passaggi pianistici mai prevaricanti, accarezzando le melodie dei ritornelli, rivestendo con classicità gli orizzonti più epici, lanciandosi – addirittura – in scintillanti “honky tonk” memori dei ritmi americani più tradizionali.
Nonostante l’alta qualità sonora, la promozione del disco sarà piuttosto problematica: oltre a un certo disorientamento da parte del suo tradizionale “auditorio”, ci si mette pure uno stop commerciale a causa di problemi legali con una grande casa editrice cattolica che ne aveva assicurato la distribuzione nel suo catalogo. Ma la filosofia di vita di Chieffo gli permette di superare questi ostacoli: un grande incoraggiamento arriva da colui che considera il suo secondo padre. Infatti, come racconta tra le pagine di “La mia voce e le tue parole”: “Quando feci ascoltare quel cd a don Giussani, lui mi disse che quel pianista aveva capito tutto delle mie canzoni”. E quel giudizio per Claudio, evidentemente, era quello definitivo.
Intanto, Harris non perde di vista Chieffo: gli organizza un mini cd “Voglio che tutti conoscano il mio capitano”, un poker di brani tra i quali una versione quasi “disco” di “È bella la strada” e, sempre al pianoforte, alcuni brani dell’album “Di più”. Per inciso, tutti questi brani potete trovarli su youtube (compresa l’intera tracklist di “Chieffo & piano”).
Mark Harris, poi, non farà mancare la sua presenza sul palco del concerto tributo organizzato dagli amici e musicisti Muto e Pastori a un anno dalla morte di Chieffo. In quel 28 Maggio 2008 al Palazzetto di Desio, in Brianza, terra natale di don Giussani, sfileranno tutti gli amici artisti importanti nella storia personale di Chieffo, compresi i suoi figli Benedetto e Martino.
In quel coinvolgente happening di musica e memoria, il pianista statunitense si produrrà nell’accompagnamento solista di alcuni brani storici: gli spettatori lo vedranno alzarsi dalla tastiera a mò di “standing ovation” dopo aver donato la sua sensibilità e capacità musicale alla voce di Giovanni Fasani (oggi “don” nella “Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo”) dopo un emozionante versione di “Padre”.
“Il canto è un film che non finisce mai, perché il canto rimane dentro, ci porta la bellezza; il canto te lo ritrovi ad ogni stagione della vita sempre nuovo”. Così mons. Massimo Camisasca, nella omelia al funerale di Adriana Mascagni (compagna d’arte musicale di Chieffo nella storia di Comunione e Liberazione), a Milano nella Basilica di Sant’Ambrogio il 23 dicembre 2022.
È proprio così: il canto, la musica, uniscono personalità, come è accaduto per Chieffo e Harris, magari di culture diverse, ma che riconoscono in quel “gesto”, in quell’espressione, l’esistenza di una Bellezza che abbraccia e che non chiede in cambio nient’altro che viverla pienamente.
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