Oggi, 8 agosto, ricorrono i cento anni della nascita del cardinale Antonio Quarracino, arcivescovo di Buenos Aires dal 1990 al 1998, che volle Jorge Mario Bergoglio suo vescovo ausiliare. Tanta parte egli ha avuto nel cammino della Chiesa in America latina, contribuendo allo sviluppo di una originale riflessione sulla fede e la cultura dei popoli latinoamericani, che il filosofo uruguaiano Alberto Methol Ferré avrebbe definito “pensiero fonte”.
Tierra Prometida di Alver Metalli è il racconto di una straordinaria avventura umana e culturale originata dal “contagio della vita di don Giussani dal momento in cui lui stesso ha messo piede nell’America latina di lingua spagnola nel lontano 1973”.
Nelle dense pagine del testo, ritroviamo un accurato profilo del cardinale: “L’edizione (del Meeting di Rimini) del 1982 è anche la prima volta del vescovo che due anni dopo aprirà le porte della propria diocesi argentina a sacerdoti missionari di Comunione e liberazione, Antonio Quarracino. Nativo della provincia di Salerno, classe 1923, padre e madre entrambi sarti in un piccolo paese del salernitano, Pollica, emigrato in Argentina all’età di tre anni, nel 1926, guarda con interesse a Comunione e liberazione. Lo dirà con ironia: ‘si è ricordato adesso che c’è una rinascita giovanile in America Latina e questo mi piace, mi rallegra, mi dà enorme soddisfazione, ma alle volte mi chiedo se la sapremo indirizzare, nel vero senso della parola, o se dobbiamo chiamare Comunione e liberazione perché non ne siamo capaci’. Quarracino, che l’anno successivo verrà eletto settimo presidente della Conferenza episcopale latino-americana, il più importante organismo del continente, in sostituzione del cardinale Alfonso Lopez Trujillo, si tratterrà per tre giorni al Meeting, a testimonianza dell’interesse per quell’evento e per il mondo di cui era espressione” (Alver Metalli, Tierra Prometida, pp. 146-7).
Agli inizi degli anni Ottanta, nella diocesi di Vallo della Lucania, anche noi con l’allora vescovo, mons. Giuseppe Casale, avemmo modo di incontrarlo a Pollica: eravamo presi dal suo lavoro nel declinare i contenuti della Conferenza di Puebla, “ricco cantiere ispiratore” (Tierra Prometida, pag. 78), con particolare attenzione al discorso di apertura della stessa pronunciato da Giovanni Paolo II. Era contento che anche nel suo Cilento ci fosse una rinnovata presenza cristiana suscitatrice di entusiasmo e di interesse nelle scuole e negli ambienti di lavoro. Questo suo interesse fu allora una provocazione per noi e per mons. Casale, desiderosi di verificare un metodo per sanare la frattura tra fede e vita; tra fede ed impegno sociale. Una provocazione quanto mai attuale, andando continuamente alla scoperta e riscoperta del carisma che attrae le nostre esistenze.
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