L’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, ha concluso forse l’incubo della sua persecuzione morale. Pardon, l’ex arcivescovo di Parigi, perché il Papa, pur definendolo “vittima del chiacchiericcio”, aveva accettato le sue dimissioni, pensando che le malignità su di lui gli avrebbero impedito un governo sereno della diocesi.
L’attenzione mediatica, feroce quando si sono diffuse le accuse, naturalmente latita, oppure si appunta sulla decisione del pontefice: poteva difenderlo, va risarcito. Premesso che il Papa giudica e fa quello che ritiene giusto per il suo popolo di fedeli, il carisma e la responsabilità episcopale non sono una mostrina, una medaglia, la certificazione di un merito, né tantomeno un accesso al potere. Non dovrebbero esserlo. E siamo certi che un vero vescovo – successore degli apostoli! – non pretende risarcimenti di ruolo. Il punto purtroppo è un altro: la violenza supinamente accettata di troppe feroci maldicenze nei confronti di religiosi.
Certo, ci sono stati peccati, reati e omertà che hanno dato adito a sospetti e sfiducia. Ma in un tempo in cui si infiammano piazze per il diritto a qualsiasi libero amore, quando” lecito si fa lecito in sua legge”, direbbe Dante, cova solo nei confronti degli uomini di Chiesa lo scandalo, trionfa il moralismo. Un vescovo ha fatto un massaggio al collo a una sua collaboratrice. È stato 11 anni medico, ortopedico. Passeggiava da solo con un’amica. Appunto un’amica. E poi si pretende dalla Chiesa un maggior coinvolgimento delle donne. L’ipocrisia da un lato e l’ideologia in aggiunta, vanno smascherate e rese note. Non ci è chiesto di essere timidi, silenti. Troppe volte lo si è per paura di perdere qualcosa, o per viltà.
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