Ricorrono i tre anni dalla salita al cielo di mons. Luigi Negri (26 novembre 1941 – 31 dicembre 2021) e due dalla nascita della nostra Associazione culturale “Tu Fortitudo Mea”, costituita proprio in sua memoria con l’intento di mantenerne vivo il magistero.
Vorrei soffermarmi su due momenti dello scorso anno particolarmente significativi per la vita della nostra associazione perché estremamente utili per comprendere l’attualità e l’importanza di questa figura per la Chiesa e la società: la pubblicazione del volume Rimettere Cristo al Centro e lui solo (edizioni Nerbini, con Prefazione di mons. Corrado Sanguineti) e il convegno dal titolo Una via per costruire il bene comune: la dottrina sociale della Chiesa. Un convegno alla luce del contributo di mons. Luigi Negri, realizzato lo scorso 26 ottobre in Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Il volume Rimettere al centro Cristo e lui solo raccoglie gli esercizi spirituali predicati da mons. Luigi Negri nel 2016, allora arcivescovo di Ferrara, presso il Monastero cistercense di Nostra Signora di Valserena. Un testo inedito che la nostra associazione, insieme alle monache di Valserena, ha voluto pubblicare per la ricchezza dei suoi contenuti. Esiste, infatti, un legame profondo con questo monastero che la badessa, madre Maria Francesca Righi, ha bene evidenziato nella sua introduzione: “Il ritiro annuale che mons. Negri tenne a Valserena nel 2016 rimane nella nostra memoria come un ultimo regalo di un amico e di un testimone di Cristo che, per come ha vissuto, merita il titolo che i nostri padri Bernardo e Guglielmo davano a sé stessi: Amici dello Sposo e della Sposa, cioè appassionatamente dedito alla missione della Sposa per amore incondizionato a Cristo, e amore altrettanto incondizionato a ognuno degli uomini suoi fratelli. Era anche, personalmente per me, la presenza di un amico che ha accompagnato a distanza e con infinita discrezione e silenzio i miei, in quel momento, quasi 40 anni di cammino monastico”.
Proprio questo amore incondizionato a Cristo e alla Chiesa emergono in modo estremamente chiaro e profondo in queste pagine perché hanno contrassegnato tutta la vita di Luigi Negri, direi fin dalla sua giovinezza, a partire dall’educazione ricevuta in famiglia e in parrocchia e, successivamente, in modo definitivo dall’incontro, tra banchi di scuola, con don Luigi Giussani.
Nella prospettiva autenticamente cattolica, non è possibile incontrare Cristo senza la Chiesa così come non è possibile, pena il suo tradimento, vivere la Chiesa senza Cristo, e Negri, in diversi punti del libro, sottolinea come questo sia vero fin dalle origini: “Ora questa fede, questa apertura, si gioca come adesione ad una compagnia: è la fede in una compagnia, quella con ‘i suoi’. Ciò avviene già nella prima fase […], la fase degli inizi del graduale cammino che Gesù ha fatto con ‘i suoi’ e ‘i suoi’ hanno fatto con Lui, già nel periodo che normalmente viene definito come quello della Chiesa pre-pasquale, fino alla sua morte e alla sua risurrezione”.
E in termini ancora più espliciti più avanti si legge: “la fede nel Signore Gesù Cristo, la fede nella sua persona, accade in un contesto che è movimentato, che è plurale: è certamente un rapporto con Lui, ma questo rapporto con Lui chiede di appartenere a una realtà più vasta, quella ‘dei suoi’ con Lui. Questo è un dato che troverà il suo compimento definitivo nell’istituzione della Chiesa, ma questi brani di ecclesialità, questi brani per i quali la persona non è sé stessa, se non appartenendo al mistero di Cristo, emergono da subito perché questo mistero in Gesù è storico, reale, dal momento che si tratta di un uomo che amava, che comprendeva, un uomo che poteva essere amico dei ‘suoi’”.
Proprio nell’amicizia Negri ha identificato uno dei tratti essenziali del cristianesimo, all’origine del popolo nuovo che è la Chiesa: “C’è un aspetto della fede in Cristo che deve tenere necessariamente presente la compagnia ‘dei suoi’. Cristo ha investito tutta la sua vita umana sull’amicizia con ‘i suoi’, vivendo in maniera suprema tutta la gioia e tutti i dolori che l’amicizia comporta […] Gesù ha sofferto il tradimento di Giuda, perché il Signore era amico di Giuda e, quando se n’è accorto, è stato un disagio, umanamente un disastro; tuttavia l’ultima parola a Giuda, che veniva per tradirlo, è stata una parola di amicizia, ‘amico, per questo sei qui’, come confidando a quella parola la possibilità di una ripresa in extremis”. Pertanto si tratta di un’amicizia il fondamento della quale supera le dimensioni naturali e le possibilità umane, perché “l’amicizia cristiana è innanzitutto un sentirsi e un trovarsi amici di Cristo perché Cristo ci ha voluto come amici”.
Un aneddoto, raccontato nel libro, che riguarda il Meeting per l’amicizia fra i popoli, dove sono stati letteralmente centinaia gli interventi di mons. Negri, ovvero quello dell’incontro con il filosofo e intellettuale Jean Guitton, può essere utile a comprendere questa prospettiva e, soprattutto, il rischio di tradirla e travisarla. Nel libro è riportato il dialogo avuto con l’intellettuale francese che invitava don Negri a riflettere sul fatto che la vera alternativa tra l’eresia e l’ortodossia, al di là di tutte le possibili varianti e differenze storiche, fosse la seguente: “il problema della vita cristiana, di ogni generazione cristiana, è questo: è la fede che giudica il mondo o il mondo che giudica la fede?”. Un’alternativa radicale soprattutto perché le conseguenze sono decisive, ovvero il rischio di ridurre secondo una misura umana, inevitabilmente ideologica, l’Avvenimento cristiano a sentimento o a progetto socio-politico, finendo così per fargli perdere il suo vero fascino per l’uomo. Tanto che Negri proprio a partire da questa suggestione, dal ricordo di questo dialogo, puntualizza: “Il nostro cristianesimo finisce per starci stretto perché tutta la mentalità dominante, quella che ha nei mezzi della comunicazione sociale il suo punto più radicale, espressivo, pervasivo, ha teso a farci sentire stretti nel nostro cristianesimo o, ancor meglio, a farci percepire come stretto il nostro cristianesimo per la nostra umanità”.
Invece, il modo con il quale è presentato il cristianesimo in queste pagine aiuta a recuperarne a pieno la sua ricchezza, la possibilità di partecipare dell’essere di Cristo, del suo modo d’essere e del suo modo d’agire, “al punto che la misericordia non è più qualcosa di inconcepibile e si può sperimentare la nascita nel mondo di un uomo abituato alla misericordia e al perdono”. Un’esperienza di vita che, anziché “farci percepire come stretto il nostro cristianesimo per la nostra umanità”, dilata la ragione e il cuore dell’uomo, facendogli fare un’esperienza di letizia altrimenti inimmaginabile per l’uomo stesso.
Infine, alcune brevissime considerazioni sul convegno del 26 ottobre svoltosi in Università Cattolica. È stato un momento davvero importante perché gli interventi dei relatori hanno offerto un contributo notevole per rileggere l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa sul bene comune, riprendendo in modo sostanziale l’insegnamento di mons. Negri, in uno dei luoghi sicuramente tra i più significativi per la storia personale di don Luigi, perché in questa sede egli ha studiato filosofia e ha poi per tanti anni, fino alla sua nomina a vescovo di San Marino-Montefeltro, nel 2005, tenuto corsi di Introduzione alla teologia, di Filosofia e di Storia della filosofia.
In particolare le parole, così chiare e al tempo stesso profonde, del card. Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht e primate della Chiesa di Olanda, hanno offerto a tutti coloro che erano presenti una bellissima lezione che permetterà sicuramente sia di riprendere con più consapevolezza l’insegnamento di mons. Negri sia di rileggere in modo più adeguato il valore e l’importanza del magistero sociale cattolico nel contesto odierno (qui il video dell’intervento). Concludo con le stesse parole del cardinale, che rappresentano sicuramente un invito e, allo stesso tempo, una conferma autorevole al compito assunto dalla nostra associazione, ovvero quello di recuperare e diffondere l’insegnamento di Negri nei suoi diversi e molteplici aspetti: “Chiunque abbia ascoltato una conferenza di mons. Negri sull’insegnamento sociale cattolico ricorderà senza dubbio come egli ne abbia parlato in modo ardente e appassionante e lo faceva in termini netti e inequivocabili, senza mezzi termini. È importante conservare ciò che mons. Negri ha detto e scritto sull’insegnamento sociale della Chiesa come una preziosa eredità”.
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