Ieri si è aperta la prima sessione della 16esima assemblea generale del Sinodo dei vescovi, con a tema la sinodalità nella Chiesa. Per accompagnare questo evento di Chiesa, per accrescere la nostra partecipazione e comprendere la profondità del momento di Chiesa che stiamo vivendo abbiamo immaginato una serie di interventi che informano e ci aiutano a comprendere quanto stiamo vivendo.



Il primo appuntamento è con Gilles Routhier, presbitero della diocesi di Quebec, Canada, professore di ecclesiologia e teologia pratica, conosciuto in Italia e con molti legami con la diocesi di Milano. A lui abbiamo rivolto alcune domande.

Quale clima si sente alla vigilia del Sinodo e che emozione domina: apprensione, speranza, grandi attese, paure, consapevolezza di una bella occasione?



Da sabato sera siamo impegnati nelle fasi preparatorie dell’Assemblea. Tutto è iniziato con una veglia ecumenica di preghiera sabato sera in piazza San Pietro. Un momento che da subito è apparso importante. Sentivamo che era un momento speciale, che non eravamo nella routine degli eventi ordinari, che qualcosa di unico stava per accadere e che stavamo entrando in qualcosa più grande di noi. Non era lo stesso clima delle precedenti assemblee sinodali. C’è speranza, ma con una certa riserva e questa speranza è mista a paura e incertezza. Sappiamo che c’è grande aspettativa, temiamo anche la disillusione o la delusione. C’è anche il timore di un’opposizione troppo forte.



Quali risorse e quali difficoltà maggiori stanno emergendo? Su cosa conviene puntare e quali rischi evitare?

L’Instrumentum laboris affronta diverse questioni; alcuni dicono troppe. Il pericolo sta nel mettere tutto sullo stesso piano. Come risorsa, viene evidenziata la dimensione spirituale. Le giornate che aprono l’Assemblea sono scandite da un lungo tempo di preghiera, silenzio, ascolto e riflessione: la veglia ecumenica di preghiera di sabato, i tre giorni di ritiro, la Messa di apertura. Ciò crea un clima e indica l’obiettivo: discernere la volontà di Dio e non difendere il proprio punto di vista. Tutto questo dispone all’ascolto, alla conversione, decentra noi stessi. Anche il metodo, e cioè la conversazione spirituale, è molto importante. È per la Chiesa, ma anche per il mondo, dove l’insulto ha sostituito la conversazione e il dialogo proposti da Paolo VI nella sua enciclica Ecclesiam suam. La Chiesa riunita in Sinodo deve diventare il segno al cuore dell’umanità divisa che il dialogo è possibile, nonostante i nostri punti di vista particolari.

C’è un focus sintetico e strategico che va emergendo o che si sentirebbe di raccomandare all’attenzione dei fedeli per seguire l’evento sinodale?

Per un mese l’Assemblea farà ciò che siamo chiamati a fare costantemente: cercare la volontà di Dio, ascoltarlo attraverso l’ascolto della Parola, il dialogo con gli altri, il silenzio. Rendersi disponibili a ciò che lo Spirito vuole dire alle chiese; essere disponibili alla conversione. L’Assemblea deve indicare alla Chiesa il cammino da percorrere, non principalmente attraverso una serie di disposizioni o decisioni particolari, ma attraverso un modo di vivere insieme.

(Mons. Luca Bressan)

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