Un parroco del Bellunese, don Giuseppe Bortolas, è morto in seguito a un malore che l’ha colpito improvvisamente all’interno della canonica, un’emorragia cerebrale che non gli ha lasciato scampo. Come ricostruito da alcune testate locali, l’uomo era stato ritrovato in ipotermia nella serata di mercoledì ed era stato trasportato d’urgenza presso l’ospedale del paese, poi nel reparto di Rianimazione del nosocomio di Belluno. Per lui, purtroppo, non c’è stato nulla da fare e parrebbero esserci motivazioni fondate circa l’origine del malore.
Infatti, sembra che il sacerdote fosse da settimane in pensiero per la chiesetta di San Martino, situata a Valle di Cadore, che non gode, diciamo così, “di ottima salute”: essa, infatti, sorge su uno strapiombo e il suo equilibrio era stato reso molto fragile nell’autunno del 2018, in occasione della tempesta “Vaia”, e dalle nevicate invernali. Don Giorgio Lise, rettore del seminario gregoriano a Belluno, ha dichiarato a “Il Corriere della Sera”: “L’avevo sentito durante la Quaresima… Certamente per un parroco vedere che la propria chiesa rischia di crollare è fonte di preoccupazione e dolore. Era una persona di compagnia. Semplice, generoso, a volte ingenuo, e anche da sacerdote si è sempre fatto voler bene anche perché era molto attento alle sofferenze delle persone”.
PARROCO MORTO PER MALORE: “ERA PREOCCUPATO”
Don Giuseppe Bortolas, il parroco morto in seguito a malore, aveva esternato il suo stato d’animo al vescovo, monsignor Renato Marangoni, che poco prima dell’emorragia cerebrale era andato a trovarlo. La diocesi di Belluno, nel ricostruire l’episodio, ha scritto: “Don Giuseppe Bortolas doveva presentarsi alla Messa, ma non si è visto. È stato il prolungarsi dell’assenza a far scattare l’allarme. Il vescovo con le suore e il sacrestano sono andati alla canonica, ancora chiusa, e lo hanno trovato incosciente e in ipotermia”. Adesso l’attenzione ricade tutta sulla chiesetta di San Martino, che deve essere messa in sicurezza: come riferisce “Il Corriere della Sera”, il geologo Mario Cabriel ha parlato di “continui e ingenti fenomeni di crollo in calcari e dolomie intensamente fratturati, documentati già da fine Ottocento”. Per i lavori occorrono uno o due milioni di euro e al suo interno sono conservate statue di legno e dipinti di valore. Un vero e proprio rifugio d’arte tra le montagne, per il quale don Bortolas ha “dato la vita”.