L’arcivescovo Henryk Hoser a tutto tondo su Medjugorie: l’inviato di Papa Francesco, da quindici mesi nella parrocchia balcanica conosciuta in tutto il mondo per le presunte apparizioni mariane, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Avvenire e non mancano i colpi di scena. «Medjugorje non è più un luogo “sospetto”. Sono stato inviato dal Papa per valorizzare l’attività pastorale in questa parrocchia, che è molto ricca di fermenti, vive di un’intensa religiosità popolare, costituita, da una parte da riti tradizionali, come il Rosario, l’adorazione eucaristica, i pellegrinaggi, la Via Crucis; dall’altra dal profondo radicamento di importanti Sacramenti come, ad esempio, la Confessione», spiega Monsignor Hoser, che parla anche dei veggenti: «Li ho incontrati, tutti. In un primo momento ne ho incontrati quattro, poi gli altri due. Ognuno di loro ha una sua storia, una sua famiglia. È importante, tuttavia, che siano coinvolti nella vita della parrocchia».
“MEDJUGORIE SEGNO DI UNA CHIESA VIVA”
Prosegue l’arcivescovo Henryk Hoser ai microfoni di Avvenire su come fotografa la realtà: «Su tre livelli: il primo è locale, parrocchiale; il secondo è internazionale, legato alla storia di questa terra, dove troviamo croati, bosniaci, cattolici, musulmani, ortodossi; poi il terzo livello, planetario, con arrivi da tutti i continenti, in particolare giovani». Monsignor Hoser si è poi soffermato su che futuro vede per Medjugorie: «Non è facile rispondere. Dipende da tanti elementi. Posso dire cosa già é e come può rafforzarsi. Un’esperienza da cui escono 700 vocazioni religiose e sacerdotali indubbiamente rafforza l’identità cristiana, un’identità verticale, in cui l’uomo, attraverso Maria, si rivolge al Cristo risorto. A chiunque ci si confronti, offre l’immagine di una Chiesa ancora pienamente viva e in particolare giovane». Infine, sul possibile riconoscimento di Medjugorje come delegazione pontificia: «Non lo escludo. L’esperienza dell’inviato della Santa Sede è stata accolta positivamente, come un segnale di apertura nei confronti di un’esperienza religiosa importante, diventata riferimento a livello internazionale».