“Che cos’è il cristianesimo se non l’avvenimento di un uomo nuovo che per sua natura diventa un protagonista nuovo sulla scena del mondo?”. Queste parole, pronunciate nell’ottobre 1987, sintetizzano bene come don Luigi Giussani percepiva la natura del cristianesimo.

Ebbe modo di ribadirlo nel dicembre di quello stesso anno, quando venne in Estremadura per trascorrere con alcuni amici spagnoli i giorni tra Natale e Capodanno: “L’origine è il mistero della comunicazione della persona di Cristo alla persona dell’uomo, alla persona”. Ma questo avvenimento non si avvera se non arriva a penetrare l’uomo a cui questa comunicazione viene rivolta. Per questo Giussani sottolineava che “è arrivato il momento della personalizzazione”. Di quale personalizzazione si tratta? “Dell’avvenimento nuovo nato nel mondo, del fattore di protagonismo nuovo della storia, che è Cristo, nella comunione con coloro che il Padre gli ha dato”. Dunque l’annuncio cristiano potrà investire le fibre dell’uomo solo se diventa esperienza personale.



Negli anni successivi don Giussani cercherà in tutti i modi di aiutare tutti noi a realizzare questa personalizzazione, senza la quale il cristianesimo rimarrebbe fuori dell’Io, come la storia ha ampiamente documentato.

“Questa è l’orrenda radice del vostro errore: voi pretendente di far consistere il dono di Cristo nel suo esempio mentre quel dono è la Sua persona stessa”, rinfacciava sant’Agostino ai pelagici. Perché? Perché un Cristo ridotto a esempio morale è incapace di far penetrare il dono che Lui è nelle viscere del vivere. Soprattutto oggi, ci vuole ben altro per smuovere il cuore dal suo torpore.



Per don Giussani il Mistero non è niente di vago o generico, perché “è un Mistero che entra nella storia; il Dio è un Dio storico”, a tal punto che attorno a questo annuncio si scatena una lotta: “Questo è l’insopportabile dalla cultura umana di tutti i tempi. Fino all’idea, all’intuizione che la realtà dipende da qualcosa d’altro, tanti sono arrivati, perfino Voltaire, anche gli uomini più ostili alla Chiesa e al cristianesimo. Ma che questo Mistero abbia avuto a che fare con la storia, che Dio sia diventato un Dio storico, questo non è facilmente sopportabile, perché non è concepibile come il Mistero possa stare con e dentro la miseria del tempo e dello spazio, quella miseria che ci sentiamo addosso e che ci porta dal mattino incerto alla sera stanca, che ci fa attraversare la maggior parte dei momenti in modi banali, che ci fa impegnare in atteggiamenti normalmente così meschini”.



Nelle parole di don Giussani c’è una concretezza assoluta: “Proviamo a pensare: Dio, il Mistero che fa tutte le cose, si è fatto uomo nel ventre di una ragazza, è nato, è stato bambino. A pensarci con attenzione non è solo per il mio carattere che vengono i brividi, perché è una cosa dell’altro mondo.  E infatti il delitto del mondo, ma il delitto anche del mondo nostro, è usare queste parole come pure parole, è sentirle ancora come parole fuori di noi, come parole strane, anche se devotamente accettate”.

Per sottolineare la drammaticità della situazione Giussani riprende una immagine che ha voluto mettere davanti a tutti con il Volantone pasquale del 1988, quella contenuta nel Racconto dell’Anticristo di Solovjev: “Tutti hanno infatti amore o stima del cristianesimo, della Chiesa. L’Imperatore offre per questo, benevolmente, ai cristiani il compito di essere l’autorità spirituale per il bene comune di tutto il mondo, di essere cioè un fattore di aiuto per i valori comuni necessari alla vita consociata. La risposta del vecchio starete è chiara: ‘Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stessi e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità’. Ciò che abbiamo di più caro è Dio fatto uomo!”.

Che differenza quando ci si imbatte nell’esperienza cristiana autentica di persone in cui questa personalizzazione è accaduta! “C’è una realtà dentro il mondo, c’è una realtà che ha toccato la nostra carne e le nostre ossa con il Battesimo, c’è una realtà che si rende udibile e visibile, c’è una realtà che penetra il tempo, creando un flusso, un popolo che non avrà fine, a cui tutti gli uomini sono chiamati, c’è una realtà che è Dio fatto uomo. Ciò per cui l’uomo è fatto è questo Uomo che è tra noi”.

Come accade? Dalla riduzione di Cristo a esempio morale si può uscire solo per grazia, come ricorda Camus: “Non è a forza di scrupoli che un uomo diventerà grande. La grandezza arriva, a Dio piacendo, come un bel giorno”. Pensiamo a Papa Francesco, che non si stanca mai di ricordarci la natura originale del cristianesimo: “Ecco la prima realtà della vita cristiana. Essa non si presenta come un elenco di prescrizioni esteriori da adempiere o come un complesso insieme di dottrine da conoscere. Anzitutto non è questo; è sapersi, in Gesù, figli amati dal Padre. È intendere la vita come una storia di amore, la storia dell’amore fedele di Dio che non ci abbandona mai”.