“Condivido la sua diagnosi, però vorrei arrivarci a modo mio”. Luigi Berlinguer, storico del diritto, già ministro dell’Istruzione, una vita politica prima nel Pci poi nel Pd, ha appena letto l’intervista rilasciata da don Julián Carrón, presidente di Comunione e liberazione, al Corriere della Sera dopo che l’Italia ed alcuni Stati europei hanno deciso di accogliere i 49 migranti della Sea Watch.
Ci dica, professore.
C’è un imperativo categorico, irrinunciabile. L’essere umano non è un’automobile o un cavallo. Non è difficile cogliere la differenza, ma oggi non è nemmeno così facile. Io e lei siamo un groviglio di sensazioni, emozioni, volizioni, atti intellettivi. E tutto questo è grande, bello, pieno di senso. Pone problemi antropologici di grande portata. Ma adesso mi interessa rilevare soprattutto una cosa: possiamo avere risposte diverse alle domande sulla vita, ma poi si arriva a un punto inevitabile.
Quale?
Dobbiamo decidere. Non possiamo limitarci a una visione, interiore o manifesta. Siamo esseri sociali, viviamo nel consorzio umano. Ne viene una responsabilità per ciascuno di noi che impone una decisione.
Dobbiamo decidere, lei dice. Su che cosa?
Se guardare gli altri annegare, lasciarli alla deriva davanti a un porto, o fare qualcosa.
Perché abbiamo rinunciato? “Fa parte della nostra riduzione dello sguardo che impedisce di cogliere l’umano”, come dice Carrón?
Ci sono decisioni che cerchiamo di allontanare dai nostri occhi. Cerchiamo di scansarle perché ci fa comodo. Ma oltre a farci comodo può essere pericoloso. Prima o poi il momento della decisione, che è quello dell’assunzione di responsabilità, viene e non ammette deroghe. Non ammette deroghe a quello che siamo, alla nostra umanità.
Populismo e nazionalismo sarebbero la risposta sbagliata ad un problema che effettivamente si pone, quello delle sorti della globalizzazione.
L’analisi è giusta. A modo mio, direi così: populismo e sovranismo sono all’insegna di una tara negativa dell’essere umano che è l’egoismo. Ciò che è l’uomo, il suo desiderio infinito di essere, di comprendere, di vivere, è agli antipodi dell’egoismo, che presume di risolvere tutti i problemi nel perimetro dell’individuo. Questo non accade mai e alla fine ogni egoista si trova puntualmente nudo e solo. Paga il prezzo dell’iper-utilitarismo che gli fa ignorare gli altri e i loro bisogni, la loro esigenza di soddisfazione, che è infinita in tutti noi e chiede aiuto, condivisione, reciprocità.
Anche sul piano politico?
Soprattutto sul piano politico. Ciò che all’egoista appare come realismo politico è in realtà una grave miopia, perché arriva il momento in cui anche lui ha bisogno dell’altro. Ma se l’altro non lo aiuta, anche l’egoista affonda. L’egoista non comprende che la grandezza del bisogno degli altri è anche la sua.
Ci faccia un esempio.
Lo sentiamo quasi ogni giorno: “prima gli italiani”.
E invece?
L’Italia è un paese che vive prima di tutto di esportazioni. Se dovessimo produrre solo per soddisfare i nostri bisogni, tre quarti delle nostre aziende chiuderebbero. Abbiamo bisogno degli altri perché comprino quello che facciamo. Il paradosso è che solo l’incontro tra bisogni diversi consente di vivere egoisticamente, posto che lo si voglia. L’egoismo non è realista perché non parte da condizioni oggettive.
Come commenta l’appello di Carrón ai cattolici? Li esorta a confidare “sull’unica Presenza che vince la paura senza bisogno della violenza”. E’ una presenza che non tutti i laici riconoscono.
Non me la sento di dare un consiglio ai cattolici, posso solo esprimere un parere. Rispondo a quel suggerimento di Carrón rivendicando la gioia di vivere, di inventare, di creare, di sognare, di crescere.
Perché di crescere?
Cresce un bambino, ma cresce anche un vecchio. A 86 anni anch’io cresco perché mi capita di fare cose che non ho mai fatto, di concepire pensieri che non ho mai avuto. Il vero accrescimento è intimo, incrementa la nostra umanità. Occorre impedire che l’egoismo e la paura ci paralizzino.
Dicevamo dell’appello ai cattolici.
Da non credente, non approdo a quello che Carrón indica ai suoi amici. Posso però tenere per mano i miei vicini.
Ha paura?
Talvolta basta solo un po’ di luce per fugare la paura del buio. La luce di ciò che siamo, persone intelligenti, libere e perciò responsabili. Gli altri ci sono per aiutarci in questo.
L’Italia ha le energie morali per accettare la sfida suggerita nell’intervista?
La storia d’Italia è fatta di cicli. Spesso è accaduto che arrivati alla fase terminale di un ciclo, un colpo di reni inimmaginabile, dettato dal bisogno, dalla necessità, dalla costrizione, ci abbia fatti risalire dal fondo. Occorre dirci a vicenda che abbiamo questa forza.
(Federico Ferraù)