La solitudine è un aspetto della vita religiosa, basti pensare ai religiosi di clausura. Ma per chi ha vissuto tutta la vita in compagnia della sua comunità di fedeli, può essere un peso che scoraggia e affatica. Per questo motivo il professor Gabriele Trovato, docente della Waseda University del Giappone, paese dove gli studi sulla robotica sono i più avanzati del mondo, ha progettato il robot che prega insieme a te. Si chiama SanTO, lo definisce “un compagno di preghiera”. Ma non un compagno qualunque: i modelli che sta progettando avranno le caratteristiche di santi ben precisi, ad esempio Santa Rosa di Lima o San Martin di Porres. Per noi italiani non poteva mancare San Gennaro. I robot sono pensati per tutte quelle persone, gli anziani in particolare e i malati, che non possono uscire di casa e recarsi in chiesa. Il primo modello ideato permette al momento la recita di passi della Bibbia, parla del santo del giorno e dice tutta una serie di classiche preghiere della religione cattolica. Il robot risponde alla voce umana e può cambiare posizione per rivolgersi all’utente.



CHIESA TECNOLOGICA

“L’idea è di diffonderlo in tutto il mondo cattolico per coloro che ne hanno bisogno” ha commentato l’ideatore, idea che è nata da una ricerca condotta  sul “modo di personalizzare l’aspetto, il comportamento dei robot per diversi tipi di utenti con un diverso background culturale”. Avremo dunque il robot buddista, il robot islamico, il robot indù? Pare di sì, secondo il professore: se, ad esempio, “pensiamo alle auto che sono prodotti personalizzati per diversi mercati in tutto il mondo, allora i robot che sono oggetti ancora più complessi perché sono specchi dell’uomo, ancora di più devono essere personalizzati per culture diverse, indicando la radice della religione che l’ha influenzata”, ha detto. Il robot che prega dovrebbe essere messo in vendita a partire dal 2021, assicura a un prezzo accessibile: SanTO “può essere un aiuto per la Chiesa, un nuovo canale di comunicazione che non è stato ancora esplorato. In passato, si è passati dalla tradizione orale a quella scritta, poi alla stampa, ai media e a Internet. Ora c’è più tecnologia che la Chiesa può usare”. Ne siamo sicuri? Non c’è il rischio di rendere la fede una sorta di pacchetto preconfezionato che perde tutte le sue caratteristiche di umanità? E’ vero che viviamo in un’epoca dove le vocazioni sacerdotali sono drasticamente ridotte, ma forse sarebbe meglio educare i giovani delle parrocchie ad andare a trovare anziani e malati di persona e pregare con loro. Una fede tecnologica non è esattamente quello che Gesù aveva in mente.

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