Il “caso” Viganò si arricchisce di un nuovo tassello che rende ancora più “complessa” la vicenda attorno all’ex nunzio Usa nonché grande “accusatore” di Papa Francesco tramite il dossier che ha sconvolto la Curia ormai diversi mesi fa. Ieri con un comunicato diffuso pubblicamente, gli avvocati difensori del vescovo hanno ricacciato indietro tutte le accuse mosse dal fratello Lorenzo in quella sentenza che solo il 9 ottobre scorso sancì la somma di risarcimento che Carlo Maria doveva versare al fratello (anche lui sacerdote) per una presunta truffa ai danni del familiare. Ora, che non “tiri” buona aria tra i due è ormai vicenda nota da tempo, almeno da quando il “dossier Viganò” ha iniziato a far rumore in Vaticano e i riflettori si sono accesi sull’esistenza del potente ex nunzio americano non in linea con l’attuale Papato di Francesco. «La cifra di condanna macroscopicamente irreale rispetto all’effettivo valore dei beni dell’intera comunione fra i due fratelli; l’ex nunzio ha già spontaneamente saldato tutti gli importi statuiti dalla sentenza e ha destinato la maggior parte del patrimonio che gli spettava ad opere di carità e di religione», si legge nel documento diffuso dai legali difensori.
DAL DOSSIER AL VELENO IN FAMIGLIA
Dopo il dossier che metteva in “stato di accusa” Papa Bergoglio per non aver affrontato al meglio le vicende di pedofilia nello scandalo Karadima in Cile (dove richiedeva anche le dimissioni addirittura del Santo Padre, ndr) l’ex nunzio Usa ha provato a difendersi spiegando di non essere ostile al Papa ma di non poter accettare che la Chiesa di oggi possa “scendere a patti” con alcuni presunti pedofili. Ora però il caso del fratello aggiunge ancora più polemiche ad un vescovo già di per suo nell’occhio del ciclone: «parlare di una condanna per truffa, furto o sottrazione di denaro è una notizia falsa e infondata». La linea di Viganò è durissima e intende difendersi da ogni accusa ricevuta nelle scorse settimane per la “misteriosa” vicenda legata al rapporto con la famiglia, e non da ieri: «Quella che Carlo Maria Viganò sarebbe costretto a subire già da oltre dieci anni a causa del parente che lo avrebbe sottoposto ad un assedio giudiziario e ad una campagna di vera e propria diffamazione a mezzo stampa, omettendo di informare i compiacenti giornalisti che il fronte da essi capitanato ha dovuto abbandonare od ha perso, sinora, tutte le oltre dieci cause civili, penali, amministrative proposte», spiegano ancora gli avvocati che riportano infine nel lungo comunicato anche l’appello alla distensione e pace tra i due fratelli come “intenzione” sempre rinnovata dell’ex nunzio; «non smetterà mai di sperare e pregare che suo fratello abbia a rappacificarsi con lui e a riprendere con lui i rapporti, a cui si è unilateralmente, totalmente e improvvisamente negato fin dal novembre 2008, quando fuggì da Milano accusando il fratello monsignor Carlo Maria di volerlo sequestrare».