La lettera di papa Francesco in risposta all’appello di Maduro affinché il Vaticano intervenga nella crisi venezuelana, lettera di cui sono stati resi noti ieri dal Corriere della Sera molti passaggi, è stata inviata in realtà lo scorso 7 febbraio. Come ci ha detto Luis Badilla, direttore del sito di informazione vaticana Il Sismografo, Maduro ne è a conoscenza da giorni, ma nonostante questo ha detto in ben due discorsi pubblici di essere ancora in attesa “di una risposta illuminata del papa”. Secondo Badilla la risposta del papa è un deciso no a Maduro, che in passato ha tradito e strumentalizzato per i suoi interessi gli incontri e i dialoghi con il Vaticano e le parole dello stesso papa. Pur mantenendo il Vaticano, ci ha detto ancora, la sua linea tradizionale di apertura di ogni porta possibile “perché oggi in Venezuela, in qualunque momento, può scoppiare una violenza incontrollata e nei paesi sudamericani le violenze non sono mai cose da poco”.



Direttore, secondo alcuni osservatori e alcuni commenti della stampa italiana, la risposta del papa a Maduro sarebbe stata troppo cauta e i vescovi venezuelani non sarebbero uniti sulla linea da tenere in questa situazione. E’ così?

Nella mia esperienza come latino-americano che in 40 anni ha visto tante crisi compresa quella nel mio paese, il Cile, non ho mai visto un episcopato nazionale così unito e omogeneo come in questo momento è quello venezuelano. Le divisioni che in passato esistevano, soprattutto nella prima fase della crisi, oggi non esistono più. La lettura che si sta facendo degli stralci della lettera del papa riguarda un solo problema, la situazione umanitaria immediata e l’eventualità che possa scoppiare in modo incontrollato la violenza o per rivendicazioni interne o per interventi militari esterni.



Dunque non è vero che ci siano vescovi che vorrebbero che Maduro rimanesse al suo posto?

I vescovi sono molto preoccupati di fronte alla possibilità di uno scoppio di violenza incontrollata e la violenza in America Latina purtroppo non è mai cosa da poco. In questo senso c’è qualche sfumatura di diversità tra i vescovi, c’è qualcuno che dice di rimanere più cauti e di vedere se ci possa essere qualche apertura da parte di Maduro.

La linea del papa invece qual è? Si è detto che sia troppo poco coinvolto; è cautela?

La lettera del papa dice due cose chiarissime. La prima è un no a Maduro per la sua richiesta di mediazione perché non è mai stato credibile in passato, ha mentito al papa e agli altri, ha usato e usa la parola del papa piegandola come vuole lui. Il no del papa è chiarissimo.



Però lascia comunque una porta aperta?

Al tempo stesso c’è cautela di fronte a una situazione che può diventare terribile per la violenza e anche per il risveglio di una guerra fredda in America Latina. Gli interessi americani e russi in Venezuela sono forti, in un certo senso ci troviamo nella stessa situazione della crisi dei missili a Cuba nel 1962. La cautela del papa non relativizza il suo no, ma lascia aperta una porta nel caso la situazione diventi incontrollabile.

E’ quella linea che il cardinale Parolin aveva definito, sempre a proposito del Venezuela, di “neutralità positiva”?

Esattamente. Nella situazione odierna del Venezuela si deve ragionare in cinque minuti perché fra due ore può succedere il contrario. La classe dirigente di Maduro è inaffidabile, limitata dal punto di vista intellettuale, incapace di percepire la situazione gravissima in cui si trova il paese e allo stesso tempo è molto potente perché ha un esercito potente.

Ci può spiegare meglio questa linea del Vaticano?

Maduro si è sempre sottratto al dialogo che il Vaticano ha offerto in questi anni, o ha usato il Vaticano per i suoi interessi personali. Quello che dice Parolin è: noi non entriamo in questa vicenda perché dal punto di vista della diplomazia vaticana abbiamo già pagato un prezzo altissimo, però al tempo stesso stiamo attenti perché se l’emergenza lo richiede ci dobbiamo muovere subito.

Non c’è il rischio che la situazione venezuelana crei un effetto domino in America Latina?

No. Non c’è possibilità di nessun coinvolgimento degli amici del Venezuela che poi sono solo tre, Cuba, Nicaragua e Bolivia. Nessun altro paese sostiene Maduro. Ma anche loro non sono disponibili a rischiare nulla per Maduro, sono consapevoli che il principale responsabile della crisi è lui. Faranno moltissimi proclami pubblici ma nessuno oggi muoverebbe un dito per salvare Maduro, tantomeno la Turchia, la Cina o la Russia.

(Paolo Vites)

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