La situazione in Venezuela sta precipitando notevolmente da quando il Presidente ad interim Guaidò ha giurato fedeltà alla Costituzione. La solidarietà internazionale verso il Paese sudamericano pare finalmente iniziare a funzionare per risolvere il dramma che ormai da anni lo investe. Dramma sul quale l’Italia rischia di rimediare una pessima figura a livello internazionale, tanto che Guaidó ha proposto a Salvini e Di Maio un incontro tra delegazioni per illustrare la situazione, fatto che, intervento del Presidente Matarella a parte, rivela a quali livelli di politica estera siamo arrivati. Così come personaggi legati al romanticismo del concetto di “revolucion” latinoamericana che, attraverso il populismo, pare diventato un prodotto da esportazione che ha letteralmente messo il paraocchi sulla catena di disastri partoriti in questi anni nel Continente latinoamericano.



Ultimo ad aggregarsi a questo metafisico treno è stato l’ex Pink Floyd Roger Waters, il quale nella serata di martedì ha espresso la sua solidarietà verso il dittatore Maduro e contro l’ingerenza di Trump nella questione: esempio di come la divisione e l’odio politico possono generare gravissimi errori. Tutti sanno che l’establishment intellettuale anglosassone non ha l’attuale Presidente Usa tra i suoi sostenitori, fatto chiarissimo e pure condivisibile per certi versi, ma ignorare il dramma di un Paese ridotto all’emergenza e solidarizzare con il suo responsabile rivela come molti di questi “alternativi da salotto cinque stelle” possano, lontani anni luce dalla situazione, e forti della loro popolarità e influenza come in questo caso, provocare danni notevoli. Ma tant’è, la gente non è stupida e l’ex bassista del mitico gruppo ha ricevuto critiche pesantissime da ogni dove.



Anche perché nel frattempo emergono fatti che mettono ancor più in ridicolo i seguaci della postura legata all’epica della “revolucion”, tra i cui capisaldi c’è la contestazione alle sanzioni economiche Usa e il credere che l’intervento della Russia e della Cina si basi su principi di difesa del popolo. Secondo il corrispondente del Wall Street Journal, Anatoly Kurmanev, il Venezuela disporrebbe di soli 10 giorni di riserve di carburante dopo che pure la Russa Lukoil, a seguito del congelamento di 7 miliardi di dollari di asset dell’impresa petrolifera venezuelana Pdvsa da parte di imprese Usa, ha seguito le stesse orme congelando contratti per 11 miliardi. Questo perché le imprese russe (non sovietiche, visto che il muro, a dispetto dei “revolucionarios” è caduto da mo’) non vogliono farsi carico di pagare il conto di una crisi che è da anni irreversibile e che, a causa dell’embargo ormai internazionale nei confronti di Maduro, mette il Paese in condizioni di insolvenza notevoli. Oltretutto il Venezuela non dispone da anni di strutture e macchinari per la raffinazione del petrolio, di cui è il maggior produttore mondiale.



Nella serata di martedì, quasi contemporaneamente alla diffusione del “tweet” del musicista inglese, diversi organi di stampa internazionali hanno diffuso la notizia di una lettera che Maduro ha indirizzato al Papa chiedendo il suo aiuto in una mediazione. “Le chiedo di produrre il suo maggior sforzo di volontà per aiutarci nel cammino del dialogo”. ha scritto. Già nel volo di ritorno da Panama Sua Santità si era reso disponibile a intervenire nella delicata situazione nel timore di un bagno di sangue che già in un discorso aveva evocato come possibilità, al fine di evitarlo.

C’è da ricordare però che anche in un recente passato l’attuale Presidente venezuelano aveva interpellato papa Francesco per mediazioni importanti nella causa, tra le quali quella del Mud, la Mesa de Unidad Democratica, in pratica un tavolo di trattative con l’opposizione, che aveva prodotto diversi viaggi del vescovo Claudio Celli, delegato Vaticano, a Caracas per partecipare a delle trattative che alla fine si rivelarono essere un mezzo per perdere tempo e dilatare la questione all’infinito usato da Maduro che, nel frattempo, operava per reprimere il dissenso alla sua conduzione. Tutta la faccenda terminò con una durissima lettera del segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, nel quale si reclamava il fallimento della trattativa a Maduro.

L’attuale lettera rivela l’estrema debolezza del mandatario venezuelano dietro le grandi pressioni internazionali che si sono realizzate a seguito del giuramento di Guaidó come Presidente ad interim del 23 gennaio: ma l’intervento papale nella questione non è possibile se non dietro un invito delle due parti in causa e finora ciò non è successo. E, memore di quanto accaduto in precedenza, per il momento Guaidó e l’opposizione vogliono ponderare bene questa possibilità che, unita all’incontro preliminare a Montevideo di oggi tra rappresentanti dell’Ue, con Messico e Uruguay come emissari diplomatici e rappresentanti del Venezuela, dovrebbe aprire le porte di una soluzione diplomatica che tutti si augurano possa al più presto, come primo passo, dare il via alla gigantesca operazione di emergenza umanitaria che sta solo aspettando un segnale per poter prestare soccorso a un popolo immerso in un dramma di distruzione di un Paese come poche volte si è visto sul nostro pianeta.