La crisi attuale dell’Italia va al di là delle liti contingenti tra Lega e M5s. È un evento epocale per la penisola che il premier austriaco Metternich nel 1815 definì “un’espressione geografica” e non politica.
Il moderno Stato italiano è nato eliminando lo Stato pontificio, una realtà di 1.500 anni circa, erede a sua volta di mille anni circa di impero e di repubblica romana. In quel modo l’Italia ha smesso di essere un contorno più o meno variopinto di Roma, ed è anzi diventata il territorio che dominava l’antica capitale.
La moderna Santa sede è nata da questo. Il Vaticano si è liberato dall’àncora territoriale europea e italiana e ha preso una dimensione via via sempre più globale, fino a Papa Francesco, il quale sta profondamente ridefinendo cosa sia la Chiesa.
L’Italia ha il vantaggio straordinario di ospitare la Santa sede. Il problema è come avvantaggiarsene senza interferire nella Chiesa. D’altro canto, c’è un problema analogo per la Chiesa: come avvantaggiarsi dell’Italia senza prevaricare sul paese, che tornerebbe a essere incastrato da un neo-Stato pontificio che farebbe perdere dimensione globale alla Chiesa stessa.
In tutto questo c’è un terzo elemento. Gli anni della Dc, dal 1949 al 1992 circa, sono stati quelli di maggiore sviluppo economico, intellettuale e scientifico dell’Italia dall’unità.
La caduta della Dc è avvenuta perché il partito non ha ricontratto con gli Usa (suo “datore di lavoro” dal 1948) il patto di alleanza e anzi ha pensato di accelerare in direzione dell’euro passando alle spalle di Washington, contraria alla moneta unica.
Gli scandali di “Mani pulite” agli inizi degli anni 90 hanno scatenato sensi di colpa che hanno polverizzato la Dc. Forse se la Dc fosse stata più arrogante e più solida sarebbe ancora qui, senza alcuni dei suoi leader, come in Germania la Cdu ha perduto Helmut Kohl ma ha guadagnato Angela Merkel.
Oggi l’Italia, senza la bussola del Vaticano, e con gli Usa troppo distratti da altre vicende, non sa dove sta nel mondo. Quindi, senza sapere cosa le sta intorno, non sa cosa fare al suo interno.
Il successo dei confusionari di M5s e Lega è prova che il vecchio non c’è più ma il nuovo non c’è ancora, vista la povertà intellettuale non solo dei due partiti ma di molti dei nuovi che sono stati scelti.
C’è la fuga dei cervelli: ormai forse circa due giovani laureati, che sanno le lingue, curiosi del mondo, sono all’estero in cerca di destini migliori. C’è l’impoverimento della classe media, nata sotto la Dc, che ora si sente minacciata e surclassata dagli immigrati, poveri e perciò disposti a lavorare come quella classe media italiana faceva 40-50 anni fa. C’è un nuovo mondo che si sta rovesciando sull’Italia come un carico di mattoni, un mondo che l’Italia ha ignorato per gli ultimi 30 anni.
Che fare allora? La Chiesa è un serbatoio di saggezza, visione del mondo, di metodo a cui l’Italia dovrebbe attingere. I suoi valori sono importantissimi: vocazione al servizio; capacità di ascoltare; abilità nell’adattarsi al nuovo; forza di guardare lo sconosciuto e mantenere una propria identità; attenzione ai nuovi bisogni sociali – povertà, emarginazione, integrazione, nuovi traffici di schiavi.
Questo forse si dovrebbe tradurre nello sforzo di trovare un diverso sentire comune nazionale ed europeo di fronte alle sfide che il paese ha davanti.
L’Italia, senza 2500 anni di impero romano/cattolico, è sola e spaccata. La follia della recente gestione della visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia non è un incidente, è segno di una difficoltà profonda.
L’Italia deve pensarsi per la prima volta nella sua storia senza “Roma”. Di conseguenza l’Italia cos’è e cosa può essere? L’Italia è la sua geografia. È un ponte naturale nel mezzo del Mediterraneo che collega l’Europa con l’Africa e l’Asia.
Quindi in concreto occorrono ponti culturali ma anche fisici e semplificazione burocratica e mentale. I ponti permettono il controllo dei flussi di chi passa, i muri sempre sono stati scavalcati o abbattuti, e da lì sono partite le vere invasioni.
Oggi tale ponte è virtuale, teorico. Deve diventare reale con ferrovie veloci fino alla punta della Sicilia, con il ponte sullo stretto di Messina.
I problemi del ponte in teoria sono ingegneristici e di esposizione alla corruzione, in realtà sono di volontà politica. Il dibattito negli anni 50 e 60 contro l’Autostrada del sole è uguale a quello di oggi contro il ponte. I tedeschi pensano a ferrovie veloci da Oslo fino alla Svizzera: per questo ci deve essere una ferrovia veloce da Oslo fino a Città del Capo.
Tra Capo Feto, in Sicilia, e capo Bon, in Tunisia, ci sono appena 145 km; ce ne sono 231 km tra Terracina, sulla penisola, e Olbia, in Sardegna.
Oltre al ponte sullo stretto bisogna pensare a traghetti veloci con Tunisi. Qui, del resto, con la conquista di Cartagine e del suo impero, la Repubblica romana prese il dominio della civiltà occidentale, e da qui venne Sant’Agostino che lanciò la Chiesa oltre la fine dell’impero romano. Da qui, con un traghetto e una ferrovia dal Nord al Sud dell’Europa e l’Africa, forse può nascere la nuova Italia.