Uno dei più importanti festival dell’estate europea è iniziato in questi giorni a Siena: il Chigiana International Festival & Summer Academy animerà Siena e i luoghi più suggestivi delle terre senesi e della Toscana lungo l’arco di due mesi, alternando grandi orchestre e straordinarie formazioni da camera, i travolgenti Chigiana Keyboard e Chigiana Percussion Ensemble, solisti, big, talenti emergenti, mostre e docufilm.
Tra le molte presenze di star di alto livello internazionale, troviamo Ilya Gringolts, Antonio Meneses, Lilya Zilberstein, che assieme daranno vita a un trio stellare (28.07), David Krakauer, che proporrà la sua nuova creazione “3 A. M.” in prima assoluta (26.07). Tra gli appuntamenti principali l’esecuzione dei capolavori di Salvatore Sciarrino…un fruscio lungo 30 anni (18.07) e Cantare con silenzio (27.07). E ancora David Geringas (13.08), Salvatore Accardo (17 e 18.08), Alessandro Carbonare (20.07), il Quartetto Prometeo (06.07), Andreas Scholl (31.08), Anna Clementi (20.07), il Duo Gazzana (12.07) con Andrey Tarkovskij jr., Roberto Fabbriciani (14.07), Sung-Won Yang e Enrico Pace (2.08), Eliot Fisk (13.08), Patrick Gallois (17.07), Giovanni Puddu (18.08), Alvise Vidolin (31.07), Thomas Ankersmit (19.08), Christian Schmitt (24 e 26.08) e molti altri.
Due i grandi appuntamenti sinfonici in Piazza del Campo: il 15 luglio il concerto che segnerà il ritorno a Siena di Zubin Mehta, alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, con Antonio Meneses violoncello solista. Il 16 luglio, la Filarmonica “A. Toscanini” di Parma, diretta da Matteo Parmeggiani, sarà protagonista del gala d’opera in omaggio a Ettore Bastianini, con il baritono Badral Chuluunbaatar e i giovani talenti di canto dell’Accademia Chigiana.
Il 29 e 30 luglio spazio all’opera lirica con Il signor Bruschino di Rossini, nuova produzione realizzata dal ChigianaOperaLab, diretto da Daniele Gatti e William Matteuzzi, con la partecipazione dell’Orchestra Senzaspine di Bologna. Regia di Lorenzo Mariani, scene di William Orlandi. Il 1° agosto “Chigiana meets Siena Jazz” presenta un’inedita versione del capolavoro di Miles Davis In a Silent Way, con Fulvio Sigurtà e Stefano Battaglia. Chiude il festival la nuova produzione dell’opera barocca La Senna festeggiante di Vivaldi, realizzata in collaborazione con il Mozarteum di Salisburgo.



Il Festival  prevede il Chianti Classico Experience, un ciclo di 7 concerti, in collaborazione con il Consorzio Vini Chianti Classico, che si tengono in selezionate cantine del territorio senese e che vedrà protagonisti gli allievi dei corsi chigiani.

Sono stato il 5 ed il 6 luglio ai primi due concerti del festival ed intendo tornare alla sezione barocca in collaborazione con il Mozarteum di Salisburgo. Anche questa edizione ha un tema ed un titolo: From Silence, ossia il suono della musica che ci fa uscire dai nostri silenzi. E come ogni anno, un protagonista: Luigi Nono nel trentennale della sua scomparsa.



No hay caminos, hay que caminar… Andrej Tarkovskij del 1987 è forse una delle formulazioni più complete di questa poetica. Giunge diversi anni dopo Intolleranza 1960 Al gran sole carico d’amore, opere in cui la voce e la coralità sono al centro del processo compositivo. In No hay caminos, hay que caminar… Andrej Tarkovskij non ci sono voci ma ci sono sette gruppi di strumenti detti “cori” da Nono: due sul palco comprendenti archi, timpani, grancassa e tromboni accompagnati da un’altra sezione, alle spalle del pubblico, con archi, trombone, timpani e grancassa che sono essenzialmente le voci di protesta e di desiderio dei campesinos. Sono a latere del pubblico quattro “cori” sistemati a specchio di tre strumenti e di bongos. Si possono trovare riscontri con, o ricordi di, opere verdiane, specialmente quelle con concertati più esplicitamente “politici”, ovviamente con un linguaggio ben differente da quello ottocentesco, ma non per questo meno affascinante.



La traduzione del titolo suona: “O voi che camminate, non ci sono cammini, c’è da camminare”. Il cammino che Nono intraprese allora ebbe tre sbocchi: un villaggio peruviano in Caminantes… Ayacucho, il regista Tarkovskij in No hay caminos, hay que caminar… Andrej Tarkovskij e per ultimo il sogno Hay que caminar sonando. Caminantes… ha un testo di Giordano Bruno, uno che di cammini impossibili si intendeva molto. Come sempre in Nono, non una sillaba del testo giunge all’ascoltatore. Le percussioni segnano il percorso con i fruscii di sempre ma anche con meno consuete lacerazioni, gli archi (accordati in maniera inedita, corde all’unisono ma ogni violino accordato su diapason diverso a distanza di microintervalli) insinuano lame taglienti, gli ottoni intervengono con grumi sonori densi e caldi. E due volte, nel percorso, giungiamo a mestizie di Requiem, di raffinata bellezza e di un raccoglimento quasi doloroso. Opera raramente eseguita ha trovato, oltre ad uno splendido direttore di musica contemporanea di fama mondiale (Yoichi Sugiyama), ottimi giovani musicisti nei ranghi della Chigiana e l’Orchestra Regionale della Toscana che è avvezza a musica moderna.

La seconda parte del concerto è stata la “versione da camera” curata da Erwin Stein della quarta sinfonia di Mahler. Quindi al tormento ed al fervore politico (ma con poche illusioni e quasi senza speranza) di Luigi Nono viene contrapposta una delle rare composizioni impregnate di serenità di Gustav Mahler, il quale dà vita a una visione di speciale purezza e innocenza, quasi fanciullesca: il Lied finale Wir geniessen die himmlischen Freuden, (Godiamo della gioia celeste), tratto da Des Knaben Wunderhorn, con gli angeli che sfornano il pane, San Pietro che va a pesca, il senso leggero della danza di undicimila vergini. In “versione da camera”, tutto è più intimo e più intimista. Nel lied del quarto movimento, si svela tutta la voce del soprano Sarah Wegener, che ha avuto applausi speciali da un pubblico che riempiva l’auditorio: una chiesa al tempo stesso neoclassica e barocca chiusa al culto dall’epoca napoleonica.

Il secondo concerto è stato tenuto nello splendido salone di Palazzo Chigi Saraceni, costruito per il Festival 99 anni fa. È una gioia ascoltare musica da camera tra quelle mura e quegli affreschi. La serata era dedicata al Quartetto Prometeo (di cui questa testata si è occupato più volte, recentemente nell’ambito dell’integrale dei quartetti di Shostakovich organizzata dall’Accademia Filarmonica Romana). Tuttavia, solo uno dei tre brani era a rigore un quartetto; il primo un assolo; il terzo un quintetto in cui Giuseppe Ettorre (membro dell’orchestra della Scala) si aggiungeva al quartetto. Come nel primo concerto di questo Festival, la prima parte è dedicata all’innovazione della seconda metà del novecento, mentre la seconda alle nuove scuole musicali “nazionali” che in Europa centrale ed orientale emergevano alla fine dell’ottocento.

Manto è del 1957, quasi contemporaneo ai Quattro pezzi su una nota sola, il brano forse più noto di Scelsi, il quale non si considerava un musicista ma uno studioso di religioni e filosofie orientali con qualche escursione da dilettante nel mondo del pentagramma. Il quartetto di John Cage è una delle tante composizioni ispirate alle quattro stagioni, in questo caso dall’estate alla primavera. C’è un breve riferimento a Vivaldi all’inizio del quarto movimento (per l’appunto, primavera), ma il brano è puro stile del periodo in cui Cage si considerava “postromantico”. Sono stagioni brumose nei cui colori dominano le mezze tinte. Differente il Quintetto di Antonín Dvořák, che vede il contrabbasso prendere un ruolo centrale. L’Allegro con fuoco iniziale si apre con un pianissimo di poche battute, al quale segue un tema brillante ed estroso d’intonazione slava. Il discorso musicale si conclude in una festosa stretta di mano fra tutti e cinque gli strumenti. Lo Scherzo, che è un Allegro vivace, è collocato nel secondo movimento del Quintetto. Qui affiora il Dvořák popolareggiante.