Un medico fiscale di Padova è stato aggredito semplicemente per il fatto di essere di colore. Originario del Camerun, trent’anni, con una laurea in medicina e un lavoro all’Inps, il ragazzo è stato minacciato da un uomo che era casa da lavoro in malattia. L’episodio, come si legge sul sito di Open, si è verificato di preciso lo scorso 2 giugno, di mercoledì, e il medico fiscale del Camerun stava svolgendo il proprio lavoro in quel della nota località di Chioggia, cittadina in provincia di Venezia. Una volta arrivato presso l’abitazione del lavoratore, il medico fiscale non ha trovato l’uomo a casa in malattia, che si è invece palesato più tardi, forse avvertito dalla moglie.



Rientrato in casa di fretta in bicicletta lo stesso si è presentato in costume e ciabatte da mare e probabilmente conscio di essere in difetto ha aggredito il medico: «Ha chiuso il portone in modo da impedirmi di uscire dal cortile – il racconto del 30enne camerunese ai carabinieri – e ci ha piazzato davanti una sedia. Mi ha intimato di mettere nero su bianco che l’avevo trovato regolarmente a casa. Altrimenti, diceva, mi avrebbe tagliato la testa».



CHIOGGIA, MEDICO AGGREDITO: “CHIESTO IL TRASFERIMENTO”

Dopo di che è passato nel giro di pochi minuti dalle parole ai fatti, così come si evince ancora dal racconto del dottore aggredito: «Quell’uomo mi spingeva, premendomi le dita sul torace. E intanto urlava: “Ne**o di me**a, da qui non esci vivo. Tu firmi che ero in casa o ti spacco la testa”». A rendere l’episodio ancora più drammatico e quasi “medievale”, il fatto che tutti coloro che hanno assistito alla scena, o comunque che hanno avvertito l’uomo urlare, non sono intervenuti in difesa del medico, nonostante lo stesso fosse palesemente nel giusto. Ad un certo punto il medico, approfittando forse di una distrazione dell’aggressore, è riuscito a sfuggire dal cortile e il lavoratore in malattia l’ha rincorso con un motorino per poi raggiungerlo e spaccargli la maniglia dell’auto. Una volta sporta denuncia il medico ha chiesto il trasferimento: «Ho paura per la mia famiglia non posso lavorare in queste condizioni. Non sopporto l’idea che mia figlia di due anni cresca in una società dove ci sono individui che usano il colore della pelle per insultare».

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