C’è chi, come Roberto Burioni, ha coniato il termine “varianterrorismo” per definire l’abitudine a creare allarmismo alla scoperta di ogni nuova variante del coronavirus. Adesso è un altro esperto, Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, a spiegare che non sempre l’emergere di una nuova variante è un fatto negativo. Anzi, ci sono anche la varianti “più buone”. Intervistato dall’AdnKronos Salute, il prof. Clerici ha spiegato: “Ogni virus muta a caso per cercare di sfuggire alla risposta anticorpale. E, cambiando a caso, certe volte le mutazioni che fa potrebbero dargli un vantaggio, come è successo con le varianti più trasmissibili del coronavirus Sars-CoV-2 emerse. Altre volte invece l’esito è neutro, cioè non cambia il rapporto” con il sistema immune. “Oppure ancora – prosegue Clerici – in questo continuo mutare certe volte si svantaggia, accumula mutazioni che non gli danno nessun beneficio e, anzi, lo rendono più neutralizzabile. Queste ultime sono le varianti che il virus tendenzialmente elimina, perché fa il suo mestiere, cioè cercare di non essere visto dagli anticorpi. Succede non solo con il coronavirus Sars-CoV-2“.
CLERICI: “OTTIMISTA PER AUTUNNO: NON CREDO NUOVA ONDATA”
Il dottor Clerici si è detto comunque “ottimista per l’autunno“, ma con delle precisazioni: “Nessuno di noi può leggere nel futuro, ma la mia sensazione è che non credo che ci sarà un’ondata ulteriore” di Covid-19 “in autunno. Credo che ormai abbiamo ‘scollinato’, come si suol dire. Grazie alle vaccinazioni che procedono veloci e all’effetto dei raggi solari sono fiducioso che non avremo un altro picco. La situazione finalmente è più favorevole“. Clerici ha commentato anche le dichiarazioni del direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, che ha segnalato come fra gli indiani rientrati siano state tracciate alcune varianti “più buone“. “Il discorso – ha spiegato Clerici – è che le mutazioni creano una nuvola di varianti virali che sono molto simili una all’altra, con cambi minimi. Qualcuna avvantaggia e qualcun’altra svantaggia, è un processo random. E’ possibile che il virus cercando di ‘fare il furbo’ commetta errori che aumentano la sensibilità agli anticorpi“. Certo, ha aggiunto all’AdnKronos, “col passare del tempo il virus impara e seleziona varianti più dannose perché vuole avvantaggiarsi. In pratica è in corso un costante ‘braccio di ferro’, viene chiamato proprio così. Da una parte il virus, dall’altra il sistema immune dell’uomo. I due fattori sono in equilibrio. Ovviamente, ogni volta che aumentiamo la forza del braccio del sistema immune coi vaccini, aumentiamo la pressione evolutiva sul virus che cerca di sfuggire a questo pressing creando ancora più varianti potenzialmente in grado di farcela. Ma questo braccio di ferro ci permette di essere vivi come specie. Noi viviamo da sempre in un ambiente contaminato e siamo sopravvissuti perché il nostro sistema immune per ora è stato in grado di fronteggiare gli attacchi dei patogeni, ma loro continuano a esserci“.