S’intitola Ciao Stefano, amico per sempre, la serata-evento che Rai1 dedica a Stefano D’Orazio, il batterista, paroliere e responsabile manageriale dei Pooh scomparso il 9 novembre scorso dopo aver contratto il Covid-19. Da tempo D’Orazio combatteva con una grave patologia del sangue, la leucemia, dunque il suo fisico risultava già ampiamente debilitato. Con i Pooh, Stefano ha scritto un capitolo importante della musica italiana, capitolo che non si può proprio omettere, nella lettura di 50 anni di storia del Paese. C’è una canzone che più delle altre, forse, rappresenta questo periodo storico, 50 primavere, che racconta il cambiamento di un’epoca a partire dalla narrazione tematica su un amore durato mezzo secolo e più. È l’amore tra i genitori di Stefano, su cui D’Orazio s’interroga a suo modo: scrivendoci sopra una canzone.
Ciao Stefano, amico per sempre: l’ultima canzone
Ma c’è un altro rapporto che merita di essere approfondito, e che trova spazio più ampio in un altro brano del repertorio dei Pooh: Ancora una canzone. Questo il titolo (emblematico) del singolo pubblicato nel 2016 in occasione della loro réunion, un intervento musicale approntato in fretta e furia e da cantare in chiusura di concerto, lasciando al pubblico il loro desiderio di stare ‘ancora’ con loro. Almeno per un po’: quando se ne saranno andati, quando saranno scesi da quel palco, rimarrà la musica come un’eco non troppo lontana, anzi inaspettatamente vicina e impossibile da stoppare.
Ciao Stefano, amico per sempre:
un concerto infinito
Non a caso i Pooh cantavano Chi fermerà la musica: la morte di Stefano, di certo, non la fermerà. Proprio nell’ambito del concerto del 2016, Roby Facchinetti esprimeva a nome del gruppo un desiderio riguardante il loro futuro artistico: “Vorremmo tanto che la nostra musica potesse vivere al di là di noi”. Effettivamente, a più di quattro anni dallo scioglimento dei Pooh, si continua a parlarne e soprattutto a cantarli, in un concerto infinito proprio come quello descritto nel loro più grande successo. Un’altra metafora interessante è quella del viaggio: “Siamo cresciuti sempre con le valigie in mano”, osserva Red Canzian, “ma se quello di stasera era l’arrivo, ne è valsa veramente la pena”. Solitamente, prima di scendere dal palco, Stefano faceva il gesto di dismettere i panni di artista e indossare quelli suoi personali. Degno di nota anche il suo punto di vista: “Può sembrare un po’ spocchioso, ma il senso è che lascio sul palco il Pooh e ricomincio a fare Stefano”. In pratica: una persona normale. Una persona normale che se n’è andata un po’ in sordina, dopo giorni di ricovero in ospedale, e che anche nel momento più estremo della sua vita ha saputo indirettamente testimoniare la sua umanità.