Cibo scaduto e maleodorante, bagni sporchi e senza igiene, strutture senza alcun tipo di servizio sanitario o legale e nessun farmaco a disposizione, neppure per i migranti affetti da gravi patologie psichiatriche, tumori, epilessia o tossicodipendenza. Parliamo del centro di permanenza e per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli, a Milano. Per aggiudicarsi l’appalto, la srl che lo dirige aveva falsificato dei documenti. Contraffatti, infatti, i protocolli siglati con le parrocchie di San Martino in Lambrate e SS Nome di Maria o anche quello con il Centro islamico italiano.
La srl aveva allegato anche il decreto di nomina di don Stefano Venturini, allora parroco delle due parrocchie, emesso dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. In un altro documento era stata messa una firma di un ex presidente morto nel 2020. Una faccenda che dimostra come vi sia un vero e proprio business della gestione migranti, con uno spreco dei soldi pubblici. Lo scenario è emerso ieri nel corso di un’ispezione al Cpr di Milano dopo l’avvio dell’inchiesta per frodi nelle pubbliche forniture e furbata libertà di incanti a carico della società Martinina srl, che nel 2021 e nel 2022 si era aggiudicata due gare d’appalto da quasi 5 milioni di euro per la gestione della struttura, spiega La Verità.
Cpr di Via Corelli a Milano: due indagati
I sostituti procuratori Giovanni Cavalleri e Paolo Storari hanno sequestrato video e cartelle cliniche di chi è stato ospitato nel Cpr negli ultimi 3 anni. Sono ora indagati Alessandro Forlenza e Consiglia Caruso. Il primo è gestore del centro di permanenza in via Corelli mentre la seconda è amministratrice della società. I nomi sono già noti alle forze dell’ordine: i due già in passato avevano avuto problemi con la giustizia per la gestione di strutture di questo tipo.
Nel Cpr di via Corelli c’era chi non aveva potuto effettuare una gastroscopia perché il gestore non aveva pagato il ticket o anche chi, pur avendo il piede fratturato, non aveva potuto andare a visita per il rifiuto del gestore di pagare. Anche il servizio psicologico/psichiatrico era insufficiente, come spiega La Verità. Il cibo, inoltre, non era affatto di prima qualità. L’offerta tecnica parlava di “materie prime provenienti da produzione biologica, Dop e Igp”. In realtà era maleodorante e avariato, spiega ancora il quotidiano. I bagni, infine, “erano in condizioni vergognose e le camerate erano sporche”.