Ciccio Graziani, ex calciatore e allenatore, è intervenuto sull’edizione odierna di “Quotidiano Nazionale”, per parlare di sé, del suo passato e del suo futuro. Una chiacchierata che ha mosso i suoi primi passi dall’esperienza di “Campioni”, il reality show pallonaro targato Mediaset che gli diede “una popolarità come quando giocavo in Nazionale e arrivò una promozione in D che Cervia aspettava da 35 anni. Al di là delle battute, che piacevano a un pubblico di tutte le età, posso dire che in quella squadra di fenomeni non ne ho allenati, ma qualcuno la Serie C poteva farla. Il programma voleva essere l’occhio in un mondo del calcio molto diverso da quello tutto lustrini. Costava molto ed è finito lì”.
Non ci sarà mai, però, un ritorno in panchina di Ciccio Graziani: “Nessuna panchina professionistica. Seguo i giovanissimi alle prime armi alla scuola calcio ed è molto gratificante. Gli insegniamo come comportarsi in campo e fuori”. Un’educazione che l’ex bomber ha ricevuto dai suoi genitori a Subiaco, vicino a Roma: suo padre Antonio faceva il muratore, mamma Annunziata era casalinga, ma andava anche a fare le pulizie nello studio di un dottore per arrotondare, in quanto aveva quattro figli da sfamare. “Nascere poveri dà maggiore forza e volontà di crescere – ha sottolineato Graziani –. Persino rabbia, perché devi conquistarti tutto”.
CICCIO GRAZIANI: “STAVO PER MORIRE, MA POI…”
Ai microfoni di “QN”, Ciccio Graziani ha confidato che lo zio, fra’ Donato Semproni, disse a sua madre che il piccolo Francesco aveva la vocazione per il cammino religioso: “Ma vi immaginate Francesco Graziani sacerdote alla padre Brown, che si divide tra pallone e canonica – ha ironizzato l’ex attaccante –? Non scherziamo, io volevo fare il calciatore vero e ci sono riuscito. Ho segnato 130 gol in Serie A, nel Torino uno meno del grande Valentino Mazzola, sono andato a segno 23 volte in Nazionale e ho vinto il Mondiale. La scelta, dai, è stata quella giusta”.
Dopo un excursus sulla sua carriera, Graziani ha parlato dell’amore per i suoi nipotini Gianmarco e Sofia, ripercorrendo quindi le ore dell’incidente che nel 2020 ha rischiato di ucciderlo: “È stato terribile. Senza l’aiuto del buon Dio non sarei qui. Ero a casa per aggiustare una rete, la scala si è rotta e ho fatto un volo di 7 metri. Nei due giorni in terapia intensiva ho avuto tutte le paure del mondo. Sono stato operato per un problema ai polmoni causato dalla frattura delle costole, ho avuto un’emorragia interna e penso di essere stato aiutato dal mio angelo custode, perché sono caduto sull’erba sintetica che ha attutito gli effetti dell’impatto”.