Con i due decreti del Governo dedicati a sostenere le imprese e l’occupazione sono stati impegnati quasi 40 miliardi di euro per la parte relativa ai sostegni al reddito dei lavoratori e delle famiglie, per coprire un arco temporale di 5 mesi di erogazioni. Una cifra superiore a tutta la spesa pubblica dedicata per le medesime finalità nei 5 anni della precedente crisi economica iniziata alla fine del 2008. Il comunicato dell’Inps conferma la crescita iperbolica di tutte le forme di sostegno al reddito. E, implicitamente, mette in evidenza la non sostenibilità di questo trend. Nella speranza che in buona parte si ridimensioni per la ripresa programmata delle attività.



Ma il nuovo decreto ha sostanzialmente esaurito le munizioni disponibili, quelle offerte dalla sospensione del Patto di stabilità e dai margini indebitamento pubblico disposti dal Parlamento. Per il proseguo degli interventi diventa necessario operare in tre direzioni: sbloccare le risorse disponibili per le infrastrutture, mettendo in soffitta il delirante nuovo codice per gli appalti, utilizzare la leva dei nuovi fondi già messi a disposizione dalle istituzioni europee nella forma dei prestiti, auspicare che decolli il prima possibile il nuovo Recovery fund con finanziamenti a fondo perduto.



Per lo specifico dei sostegni al reddito è lecito attendersi nei prossimi mesi una riduzione del fabbisogno per le casse integrazioni. Ma è del tutto scontato un mutamento della qualità degli interventi. Il provvedimento che blocca i licenziamenti fino al 17 agosto non potrà essere prorogato e si cominceranno a tirare le fila per le conseguenze della riduzione delle attività produttive sull’occupazione. Alle mancate assunzioni del personale stagionale si aggiungeranno schiere di nuovi disoccupati, parzialmente contenute dalle proroghe delle casse integrazioni per le medie e grandi imprese.



Tra qualche mese diventeranno evidenti gli errori compiuti dal Governo in questi ultimi mesi, con la scelta di disperdere le risorse, sostegni al reddito compresi, in una miriade di interventi, anziché concentrarsi sul sostegno transitorio per le attività produttive e i lavoratori sospesi. Il tema dell’impoverimento delle persone, del tutto improbabile nella fase del blocco dei consumi e degli acquisti di beni durevoli, dei trasporti e delle attività ludiche, è stato sovraccaricato oltre la ragionevole necessità di tutelare i soggetti più deboli. Il reddito di cittadinanza è stato allargato con l’introduzione di un incomprensibile reddito di emergenza. Sul lavoro autonomo si sono concentrati interventi sovrapposti privi di criteri selettivi per stimare un ragionevole contributo in rapporto al danno subito. Non bastasse le regioni hanno fatto la loro parte con una dissennata proliferazione di interventi assistenziali in competizione con lo Stato.

Il Governo si è fatto vanto di aver erogato sostegni di varia natura per circa 18 milioni di persone. Un esercito che con l’aggravarsi della crisi economica avrà buone ragioni per rivendicare il proseguo dei sostegni assistenziali. Tutto questo non è sostenibile, e lo sanno bene anche gli esponenti dell’esecutivo più avveduti. L’utilizzo delle risorse europee dovrà segnare un cambio di passo nell’individuazione delle priorità. Sempre ammesso che questa compagine di governo sia in grado di farlo.