Agli Stati generali dell’economia il Premier Conte ha annunciato per questa sera l’arrivo in Consiglio dei Ministri del nuovo decreto sulla cassa integrazione, ma nelle pieghe della bozza giunte al Corriere della Sera potrebbe trovarsi una piccola “bomba” pronta ad essere sganciata sulle imprese che non piacerà di certo né a Confindustria né tantomeno ai singoli lavoratori. «Abbiamo predisposto un decreto legge, che adotteremo oggi stesso in un consiglio dei ministri che si svolgerà a margine degli incontri odierni – grazie al quale le aziende e i lavoratori che hanno esaurito le prime 14 settimane di cassa integrazione potranno richiedere da subito le ulteriori 4 settimane approvate con il decreto ‘Rilancio’», spiega Conte in merito all’obiettivo fissato dal Governo, ovvero «garantire la cassa integrazione a tutti i lavoratori, per tutto il tempo che sarà necessario nella fase di debolezza dell’attività economica». Il problema è che proprio quella Cig rischia di vedere problematiche ulteriori ai già tanti ritardi accumulati fino ad oggi: era il 28 marzo quando il Presidente del Consiglio annunciava alla nazione «Cassa integrazione entro il 15 aprile, anche prima».
Per 800mila lavoratori quei soldi fino a pochi giorni fa ancora non erano arrivati e dopo le promesse Inps di pagare entro venerdì scorso – secondo i calcoli del CorSera – sarebbero ancora 200mila le persone senza un euro visto della nuova Cig. Ma il vero problema sarebbe ora “nascosto” nell’articolo 3 della bozza di decreto nelle prossime ore a Palazzo Chigi: «Le imprese che non rispetteranno le scadenze sulle pratiche per la cassa integrazione, dovranno pagarsela da sole», riporta il Corriere mostrando la dicitura esatta dell’articolo «Il datore di lavoro è obbligato a inviare all’Inps tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale, secondo le modalità stabilite dall’istituto, entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale».
PER LE IMPRESE NON SOLO CIG: IL RISCHIO TASSE
Insomma, il decreto in arrivo sulla cassa integrazione rischia di ribaltare tutto quanto visto finora: «Trascorso inutilmente tale termine il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente». Tradotto, paga l’azienda se non vengono rispettate tutte le scadenze specifiche: tra l’altro, se le imprese hanno anche commesso errori nella domanda possono sì inviare di nuovo il modulo ma solo con 30 giorni di tempo massimo, altrimenti scatta di nuovo la “batosta” dei costi al 100% a carico della azienda. Dopo aver motivato sia l’Inps sia il Governo su «responsabilità e ritardi delle imprese» nelle richieste sulla Cig, la modifica nel decreto avverrebbe per “costringere” il datore di lavoro a rispettare i tempi.
Va però detto che oggi lo stesso Premier Conte intervenendo alla conferenza stampa di chiusura della seconda giornata di Stati generali, ha spiegato come «la cassa integrazione è farraginosa per come è impostata ora, dobbiamo trovare al più presto una riforma degli ammortizzatori sociali per non lasciare indietro nessuno». Secondo il CorSera la norma particolarmente “ostica” per le aziende sarebbe stata inserita dal Movimento 5 Stelle e bisognerà vedere cosa dirà nel merito se parte del Governo – e le prevedibili critiche di Confindustria e opposizioni – spingeranno per cancellare questo piccolo ma decisivo articolo dal nuovo decreto in arrivo. Come se non bastassero i problemi già attuali, a settembre arriverà la maxi “mannaia” delle tasse con le cartelle da saldare emesse fio al 31 agosto, oltre a tutte le imprese sospese in precedenza. Finora non vi sono exxezioni previste per i settori più colpiti ma al più presto il Governo dovrà cercare di normare anche questa potenziale e “esplosiva” grana.