Il Cimitero delle Fontanelle di Napoli è non solo uno dei luoghi più suggestivi della città partenopea ma anche uno dei suoi ossari più antichi dove da secoli riposano le cosiddette “anime pezzentelle” e attorno alle quali nel corso dei secoli sono sorte una miriade di aneddoti e leggende dato che qui si narra che le anime dei morti comunicano con i vivi. È ubicato infatti nel cuore del Rione Sanità questo antico camposanto in cui macabro e fascino vanno a braccetto, conducendo il visitatore in un viaggio a ritroso nel tempo fra gli oltre 40mila resti di tutte le persone che furono stroncate dalle terribili epidemie di peste e poi colera che interessarono la città in ben due occasioni nei secoli scorsi. Il cimitero fu aperto non a caso proprio quattro secoli fa, nel 1656, quando la Grande Peste che colpì l’Italia intera e in particolare il Regno di Napoli (sterminando in alcuni casi anche metà della popolazione) spinse le autorità locali a individuare un sito per dare sepoltura alle decine di migliaia di vittime dal momento che nella zona erano presenti diverse cave di tufo. Andiamo a scoprire la storia di questo ossario e poi le storie che i suoi “residenti” si portano in dote.
IL CIMITERO DELLE FONTANELLE A NAPOLI
Il Cimitero delle Fontanelle, che ha una estensione di circa 3000 mq, è situato nell’omonima via e prenderebbe il nome da quella che era una antica fonte d’acqua: come è facile immaginare, era qui che durante le epidemie di peste e colera finivano le salme di tutta quella povera gente che non poteva permettersi una sepoltura degna di tal nome: è anche questo il motivo per cui oggi una visita a questo camposanto rappresenta una vera e propria full immersione in un Regno dell’Ade i cui numeri fanno impressione e certamente non è adatta a coloro che soffrono di incubi. Come accennato sarebbero circa 40mila i resti ma secondo alcune fonti nell’Ottocento si sarebbe arrivati all’esorbitante cifra di otto milioni di ossa di gente che resterà per sempre senza nome e mescolate tra di loro; addirittura, secondo alcuni, mentre si cammina per il cimitero “e Funtanelle” è meglio non pensare al fatto che potrebbero essere state interrate nei secoli dai becchini dell’epoca e per oltre quattro metri di profondità ancora altre ossa. Non va nemmeno dimenticato che, col tempo, nell’ossario vennero conservati anche i resti provenienti da altre aree cittadine e dalle cosiddette “terresante”, ovvero quelle sepolture che avevano luogo nelle chiese di Napoli.
IL RITO DELLE “ANIME PEZZENTELLE”
Uno dei riti più curiosi legati al Cimitero delle Fontanelle nel Rione Sanità è quello delle “anime pezzentelle” e che consisteva nell’adozione e la sistemazione di un cranio, ovvero “le capuzzelle”, che stava per un’anima abbandonata, ripulendolo e prendendosene cura, in cambio di protezione. Negli Anni Sessanta le autorità religiose partenopee cercarono di vietare questa pratica considerandola un feticismo (infatti se si verificava una grazia il teschio veniva posto in una teca e venerato, in caso contrario si ributtava nel mucchio e se ne sceglieva un altro), anche se fu più che altro per un semplice evolversi dei costumi che questo rito cadde in disuso tanto da far trascurare lo stesso camposanto ipogeo che entrò in una fase di abbandono; fu solo nel 2002 che si procedette alla messa in sicurezza e successivamente, dopo una pacifica protesta nel 2010 da parte dei residenti delle Sanità, alla sua riapertura al pubblico. E in questo luogo che bene esemplifica il profondo ma pure serenamente “quotidiano” rapporto che Napoli ha con la dimensione dell’aldilà, la suggestione nel corso delle visite guidate viene data non solo dall’ambientazione, con le volte di tufo fiocamente illuminate (e in alcuni casi anche dalla stessa luce naturale che filtra da fessure) e i teschi disposti ordinatamente e in maniera quasi scientifica, ma anche dal fatto che ancora oggi si raccontano delle leggende: tra le “capuzzelle” ci sarebbe quella del Capitano a cui è legata una macabra storia di amori e rivalse in stile partenopea ma pure quella di Donna Concetta, conosciuta come “il teschio che suda”, dato che è sempre lucido e non presenta tracce di polvere. E pazienza se il fenomeno probabilmente è dovuto all’umidità dato che per il popolo ha sempre rappresentato un cranio bagnato dall’acqua purificatrice e per questo più propenso a concedere una grazia al questuante.